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“Torre John Wayne”, Pizzo Intermesoli (“Le strutture”)

Via di approccio all’arrampicata sui Pilastri e alle Strutture di Pizzo Intermesoli. Piacevole e con tiri omogenei, su roccia da buona ad ottima, è tra le più ripetute della parete. L’ostica placca del primo corto tiro può essere agevolmente aggirata stando nel diedro erboso a dx (V-)

Materiale: itinerario sostanzialmente attrezzato, tornano tuttavia utili un paio di friend (verde, viola BD) e di sicuro cordini e fettucce per ridurre gli attriti.

“Torre John Wayne”, le “Strutture”, parete E, Pizzo Intermesoli

B. Moretti, M. Zitti, R. Ferrante, B. Vitale il 26/7/2003

170m 6L; TD VI+ max, VI- obb.; 6a max, RS2, II

RP dell’ 8/7/2019

Tracciato Torre John Wayne

Accesso

Dal piazzale di Prati di Tivo reperire l’inizio del sentiero che conduce alla Val Maone (sbarra in ferro) percorrerlo all’inizio in discesa, superare le sorgenti del Rio Arno e dopo circa 30′ pervenire in una zona aperta ed erbosa, dopo aver superato un grande masso erratico. Sulla dx evidenti le prime strutture della parete E del pizzo Intermesoli; reperire una traccia di sentiero che risale il margine sinistro del ghiaione che sottende questo tratto di parete (si veda foto)

Attacco

In corrispondenza della verticale di un grande ed evidente diedro ben visibile in alto, su una placca bordata a dx da un diedro erboso.

Relazione

L1 Attaccare la liscia placca  (fix), poi traversare a dx ed aiutandosi con il bordo e un buco salirla (fix), uscire su cengia erbosa e sostare. Sosta a fix (15m, VI+ evitabile a dx)

L2 Si traversa a dx, poi dritti seguendo gli spit; successivamente in leggero obliquo a sx, infine a dx puntando ad una sosta sotto un tettino. Sosta su fix (V+, 25m)

L3 A dx, a prenderete una fessura strapiombante (cl.), risalirla con bella arrampicata in spaccata (fix); una volta usciti in placca, in leggero obliquo a sx. Sosta a fix. (20m, V+)

L4 Dritti per una bella fessurina (fix), poi lungo l’evidente diedro (1 ch. e fix distanti) che si percorre per gran parte. Sosta su fix (45m, VI-)

L5 Ancora nel diedro (attenzione ad una grande lama instabile) fin sotto ad un tettino; lo si supera uscendo decisamente a sx (fix e possibilità di integrare), traversando su piedi buoni verso una sezione con roccia migliore (piccola clessidra), poi si torna dritti fino ad un ampia e comoda cengia. Sosta a fix. (30m, VI)

L6 Dritti ad uno spit accanto ad una fessura, poi in deciso traverso a sx (utile proteggersi prima di iniziarlo); di nuovo dritti fino alla base di un diedro-fessura. Lo si sale e poi in costante traverso verso sx, seguendo le protezioni, si perviene al filo di cresta. Sosta a fix (35m, VI-)

Discesa

In corda doppia. Con mezze corde da 60m: tre calate dalla S6 alla S4, dalla S4 alla S2, dalla S2 a terra. Tutte le soste sono comunque dotate di anello di calata.

 

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“Spigolo di Paoletto”, Parete N, Corno Piccolo, Gran Sasso

Via ormai divenuta una classica e spesso ripetuta, anche da chi si approccia per le prime volte all’arrampicata sul Gran Sasso. Poco il materiale in posto, quindi necessaria una buona padronanza nell’uso di protezioni mobili.

Le soste sono attrezzate con chiodi e/o chiodi e fix, da verificare sempre lo stato dei cordoni.

Materiale: fettucce, buon assortimento di friend medio-grandi, un set di dadi.

“Spigolo di Paoletto” parete N del Corno Piccolo, Gran Sasso

P. Coccia, M. Florio, A. Passariello il 17/8/1974

200m / 5L; D, V; 5a, R2, II.

Relazione basata su rp del 28/6/2019

Spigolo di Paoletto, tracciato

Accesso

Dall’arrivo della funivia che dal piazzale di Prati di Tivo conduce alla Madonnina prendere il sentiero Ventricini fino a raggiungere il secondo canale che solca il versante N del Corno Piccolo. Iniziare a risalire i protoni seguendo labili tracce, aggirare sulla dx una bastionata rocciosa, risalire ancora un canale e pervenire alla base, poco a sx del Canale di Mezzo.

Attacco

Una quindicina di metri a dx dell’evidente diedro della via “Iskra”.

Relazione

L1 Con percorso non obbligato risalire la placconata ricca di fessure e diedrini (1 ch) facendo attenzione ad evitare tratti di roccia rotta, fino a pervenire ad un ampio terrazzo, sbarrato da un tetto obliquo. Sosta su chiodi. (45 m, IV)

L2 Traversare a dx orizzontalmente per 4m (tralasciare la fessura che si nota in alto sul tetto, con chiodi; si tratta di una variante di V+/VI), portarsi sullo spigolo (friend), salire qualche metro in leggero obliquo a sx fin quasi a raggiunger il margine della parete che termina in uno spigolo. Da qui tornare a sx traversando (passo delicato in placca, V), poi seguire una fessura con attacco non scontato (IV+) che si fa man mano più facile. Sostare appena alla sua dx. Sosta su chiodi  e fix con cordoni. (45m, V)

L3 Si prosegue facilmente per placche, puntando ad una parete più verticale, sostando alla sua base. Sosta su ch. (25m, III+)

L4 Si sale dritti alla sosta (cless), poi in obliquo a dx (V), con passo atletico ma su prese buone si esce fuori dal tratto chiave; si prosegue dritti (III) fino raggiungere l’ampio terrazzo che taglia la parte terminale del pilastro. Sosta su fix e ch. (40m, V)

Da qui due opzioni

L5 Si sale a dx dello spigolo e si sale fino al termine dello sperone (50m, II)

oppure

L5 della via “Iskra” Ci si porta a sx dello spigolo a prendere una fessura (friend incastrato), la si affronta (V) fino ad uscire in una zona di placche (friend); in obliquo a sx si perviene ad una sosta. Sosta su resinato e ch. (50m, V)

DISCESA

Si traversa a dx faccia a monte a prendere il Camino di Mezzo. Oppure dall’ultimo sosta di Iskra con 3 doppie (corde da 50m min.) si scende sfruttando le soste della via “Kima”.

 

Riccardo Quaranta – Guida Alpina

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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“Icosaedro”, Corno Piccolo, Gran Sasso

Splendido itinerario che solca il margine destro della compatta parete N della Seconda Spalla del Corno Piccolo del Gran Sasso.

Veduta del versante N del Corno Piccolo, Gran Sasso

Via che collega varie fessure mediante bei tratti di placca con passaggi mai scontati tuttavia abbastanza protetti, a volte anche da fix. Ha subito un restyling rispetto alle relazioni presenti sulle guide cartacee in commercio. Ad esempio la guida ” Gran Sasso” di Versante Sud non riporta, a mio parere, il penultimo tiro originario, bensì una variante (seppur logica) degli autori. Richiede tuttavia di saper padroneggiare l’uso di protezioni mobili pena lunghi run-out.

Le novità risiedono nel fatto che tutte le soste, tranne quella del penultimo tiro, sono state integrate da un fix 10mm e anche i vecchi spit da 8mm presenti lungo i tiri (2 in tutto) sono stati sostituiti da fix 10mm.

Consiglio di ripetere l’itinerario nella tarda mattinata o inizio pomeriggio di modo che si possa godere a pieno della sua bellezza grazie alla luce che scalda la roccia, altrimenti fredda anche durante le giornate più calde.

Materiale: dadi e friends medio-piccoli.

“ICOSAEDRO” parete N Seconda Spalla del Corno Piccolo, Gran Sasso

P. Abbate, M. Tacchi il 4/9/1982

TD+, VII oppure VI e A0; 6b, R2, II.

225m / 7L

Relazione basata su rp del 27/6/2019

Il tracciato di “Icosaedro”, Seconda Spalla, Corno Piccolo, Gran Sasso

Accesso

Dall’arrivo della funivia che dal piazzale di Prati di Tivo conduce alla Madonnina prendere il sentiero Ventricini fino a raggiungere la parete N della Seconda Spalla (15-20′). L’attacco coincide con quello della via “Morandi-Consiglio-De Ritis” della quale percorre i primi due tiri

Descrizione

L1. Percorrere l’ampio diedro-canale sbarrato in alto da un tetto, superare un paio di tratti più verticali e sostare su ampio e comodo terrazzino. Sosta su cordone con maglia rapida. (40m, III)

L2. Traversare a dx seguendo una piccola cengia, aggirare uno spigolato (ch. e cordini) ed accedere al canale obliquo che è alla base della verticale parete soprastante. Risalirlo per qualche metro e sostare alla base di un netto diedro. Sosta su 2 fix. (20 m, IV)

L3 Risalire il diedro (friend e 1 ch) fino a raggiungere il tettino che lo sbarra, superarlo sulla dx, seguire una sottile fessura (3 ch) verso dx e poi tornare a sx ad un fix (passo chiave del tiro); con arrampicata delicata raggiungere la sosta poco sopra. Sosta (scomoda) su fix e ch. (25 m, VII oppure VI e A0)

L4 Salire alla scaglia sovrastante da maneggiare con cura (eventualmente friend), seguirla e rimontarci sopra. Poi in leggero traverso a dx superare un non banale passaggio in placca (VI-, ch. nascosto) su piccole cengette, muovendosi verso l’evidente fessura sulla dx (tralasciare una sosta orizzontale sulla dx). Percorrere la fessura per tutta la sua lunghezza (friend, ch.) fino al termine, al di sotto di una evidente fessura obliqua. Sosta su fix e ch. (30m, VI-)

L5 Salire la fessura obliqua (friend) inizialmente più larga, poi man mano più stretta (vari ch.), superare un primo passo protetto da fix (VII) poi fin dove si esaurisce, raggiungere un chiodo a pressione. Da questo continuare a salire per qualche metro (VI-), poi in deciso traverso a dx (cordino in cless.), da questa in traverso a sx portarsi sotto un tettino dove si sosta. Sosta su fix . (35m, VII oppure VI e Ao)

L6 Dritti al tettino per una sottile fessura (dadi o friend piccoli, VI+) che si segue fino ad una nicchia (cless.), poi in obliquo a sx, si supera uno spigolo e si perviene al diedro fessura di bella roccia. Lo si segue, si passa a dx di un tetto ed ancora in fessura con difficoltà man mano decrescenti si perviene alla base di una facile fessura. Sosta su vecchio spit 8mm e cless. (55m, VI+ e IV+)

L7 Si segue la fessura (1 ch ) fino alla sommità della seconda spalla. Sosta a fix. (20m III)

Discesa

A piedi lungo il Canale Bonacossa o in corda doppia sul versante N.

 

Riccardo Quaranta – Guida Alpina

 

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VIA “CHIARAVIGLIO-BERTHELET” – PUNTA DEI DUE, CORNO PICCOLO

La Chiaraviglio Berthelet è un itinerario di grande respiro sulla splendida roccia del Corno Piccolo. Quasi 500m di sviluppo per una delle creste da non mancare nel gruppo del Gran Sasso.

ATTACCO

Dalla Sella dei due Corni ci si sposta sotto la verticale della Punta dei Due, l’attacco è in un ampio diedro-camino segnalato con evidente triangolo dipinto con vernice verde.

DESCRIZIONE

Le difficoltà sono contenute nel tratto iniziale della via che si supera con 2 (meglio 3) tiri di corda. Si inizia con un ampio diedro articolato che arriva ad una ampia cengia sbarrata sul fondo da rocce verticali. Ci si sposta a questo punto su una rampa a sx, con bellissima esposizione sul sottostante Vallone dei Ginepri, per itinerario logico si perviene ad un traverso da affrontare in tecnica Dulfer, (chiodo all’inizio ed alla fine del tratto più difficile), fino alla base di un ampio camino (sosta da attrezzare). Si affronta quest’ultimo superando prima una clessidra con cordino (pressoché inutile), si giunge ad un chiodo al centro del pilastro che sbarra il camino, poi si esce a dx (tratto chiave), proteggendosi agevolmente su una catena presente quasi all’uscita. Si sosta su spit nuovo ed ampia cengia con vista spettacolare sul Vallone delle Cornacchie. Da questo punto in poi si prosegue in conserva, lungo l’itinerario che è sempre segnalato mediante triangoli verdi dipinti sulla roccia. Tra i punti più famosi e panoramici c’è la “Finestra della Chiaraviglio”, caratteristico scorcio creato da un grande monolite poggiato in orizzontale su due pareti verticali parallele…

La finestra della Chiaraviglio

Altro tratto tecnico da affrontare è una piccola discesa da affrontare in corda doppia (sosta attrezzata) di circa 15m, tratto che è superabile anche disarrampicando con difficoltà di III/III+

Si giunge infine quasi al termine dell’itinerario quando ecco che si presenta un altro tratto bellissimo ed esposto, sempre da affrontare con tecnica Dulfer. Consiglio qui di fare un piccolo tiro (il tratto è lungo non più di una quindicina di metri), potendo anche sfruttare una sosta che è adoperata per le calate verso la sottostante ferrata Danesi, da chi proviene dalle vie di arrampicata dei versanti Est della Torre Cicchetti e del Torrione Aquila. All’inizio è presente un chiodo, il traverso poi è difficilmente proteggibile; si perviene così ad una cengia da dove è possibile far sicura al secondo da una clessidra scavata con cordino.

Stefano alle prese con l’ultimo esposto traverso..

Seguono alcuni altri brevi tratti di arrampicata veri e propri (tra cui una discesa in una spaccatura poco agevole con gli zaini) prima di arrivare in vista delle prime scalette della ferrata Danesi. Da queste è possibile proseguire per la cima del Corno Piccolo, oppure ridiscendere e tornare alla Sella dei due Corni.

Meglio delle mie parole e delle sole foto spero possano mostrare la bellezza di questi luoghi e di questo itinerario, il video realizzato durante la salita on compagnia di Stefano. Giornata magica in un posto magico, su un pezzo di storia che non può mancare negli appassionati di alpinismo di questo gruppo montuoso. Buona visione!

 

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VIA DELLA FESSURA OBLIQUA, TORRIONE CAMBI, CORNO GRANDE

Di sera, per chi ha la mia passione, capita spesso di sfogliare guide di arrampicata invece che romanzi e libri in genere. Per cercare la prossima avventura, prepararsi sulla via del giorno dopo, forse più semplicemente…sognare un po’.

In una di queste sere la mia attenzione è stata catturata da questa via…già che leggevo “fessura” la cosa mi piaceva…poi dando lo sguardo agli autori e all’anno di apertura (il 1944) ho subito pensato che sarebbe valsa la pena andarci a dare uno sguardo. La guida in oggetto è quella del TCI – CAI sul Gran Sasso, datata ma pur sempre un punto di riferimento e fonte di ispirazione. Questa “licenzia” la descrizione dell’itinerario con 3 righe:

Allora non mi restava che andare a vedere.. prima però, durante giornate lavorative, avevo osservato quel versante del Torrione Cambi per cercare di capire se il tracciato della via presente sulla guida era rintracciabile, da lontano, sulla parete. Una fessura evidente che percorre in diagonale tutta la parete c’è ed è visibile anche da lontano: linea logica che sicuramente aveva incuriosito anche Bafile e Vittorini.

Quadro d’insieme con l’attacco della fessura obliqua

Chiedo quindi a Monica se per la sua giornata in montagna poteva andare bene la ricerca di questo itinerario ed il giorno successivo di buona lena si parte, in una giornata finalmente serena e soleggiata, dopo tanti giorni di pioggia.

L’avvicinamento da fare è quello per il bivacco Bafile, per poi lasciare la ferrata ed intraprendere il canale alpinistico che conduce alla Forchetta del Calderone, una delle due “finestre” più famose che mettono in comunicazione il versante del Calderone con il versante sud.

Lungo la ferrata di accesso al bivacco Bafile

Da questo intaglio la vista è di per se bellissima ma anche guardandosi indietro, verso sud, la piana di Campo Imperatore regala sempre forti emozioni

Vista dalla Forchetta del Calderone verso il versante di Campo Imperatore

Do un po’ uno sguardo qualche metro più in basso verso il Calderone ed eccolo l’attacco di quella che poi diventa una fessura ben larga e visibile anche da lontano. Ci prepariamo con calma, il sole ci trasmette serenità; indosso le scarpette perché quel III dato dalla guida mi puzza un po’ a guardare l’attacco. E faccio bene visto che uno dei passaggi più delicati lo troverò proprio lì, pochi metri dopo l’inizio. Scalare su questa fessura in continuo diagonale necessita di un po’ di adattamento, ma alla fine risulta divertente.

La seconda lunghezza regala anch’essa due bei passaggi: il primo su fessura ed il secondo in camino; divertono e sono da affrontare con la giusta attenzione, vista la roccia poco buona del secondo, appena prima della sosta, in corrispondenza della cresta E. Da quest’ultima una ventina di metri di arrampicata facilissima e solare ci regalano la vetta. Top.

Selfie sulla vetta del Torrione Cambi

Che dire su questa via..date uno sguardo al video che segue per farvi un’idea di quanta bellezza si possa apprezzare da quelle parti. Ecco, fatevi guidare dall’emozione, prima che da numeri e da valutazioni, che sono pur sempre da fare. Queste riguardano l’accesso che non è dei più corti e banali, tuttavia niente di eccessivamente tecnico, qualche passaggio di I e II lungo il canale per la forchetta. L’itinerario in sé, a parte un chiodo trovato sul secondo tiro, non ha niente ed quindi tutto da attrezzare e proteggere. Di conseguenza è necessaria una buona padronanza nell’uso delle protezioni mobili. La roccia in alcuni tratti è molto rotta e richiede attenzione, in altri è buona ed offre ottime possibilità di protezione a friend.

Insomma una possibilità di accesso a questa vetta che merita di essere considerata, soprattutto da chi voglia ancora emozionarsi nel “costruirsi” la propria salita e la propria sicurezza in autonomia (dall’inizio alla fine).

RELAZIONE

“Via della fessura obliqua”, 100m, IV, AD. Parete NO, Torrione Cambi, Corno Grande, GRAN SASSO. A. Bafile e M. Vittorini,  il 22 settembre 1944.

Accesso

Si raggiunge la “Forchetta del Calderone” (info facilmente reperibili in rete e sulle guide specializzate) dal versante di Campo Imperatore. Da questa si scende 4-5 m  sul versante N (Calderone). L’attacco è in corrispondenza di un risalto sulla dx di 3m che conduce su una piccola cengia dalla quale, spostandosi 3-4 m a sx, si vede un’evidente fessura obliqua da dx verso sx. Consigliato allestire una sosta qui, data l’esposizione.

L’attacco del I tiro

L1, 40m, passi di IV/IV+

Si attacca l’evidente fessura affrontando subito un passo delicato (buona presa a dx), poi la fessura diventa più facile e la si segue con arrampicata spesso esposta ma mai continua, fino a pervenire su un ripiano-cengia (attenzione ai detriti) dove si sosta su spuntone.

L2, 40m, passi di IV/IV+

Si procede quasi in piano, su detriti, verso sx (chiodo con cordone, probabilmente di qualche ritirata), poi si riprende a salire rimontando su un diedro-fessura di roccia buona, appoggiato ed obliquo da dx verso sx. Si supera un passo delicato sempre in traverso verso sx e si punta ad un camino con una forma vagamente a “V”. Lo si affronta facendo attenzione alla roccia molto rotta (buona possibilità di proteggersi alla base dello stesso con friend medio-grandi), si perviene ad un comodo terrazzo in corrispondenza del filo della cresta E. Sosta su spuntone

L3, 20 m, I e II

Dal filo della cresta E si raggiunge agilmente la cima con facile arrampicata.

DISCESA (indicazioni date faccia a valle)

Dalla cima si torna verso est iniziando a perdere quota, poi deviando a dx e tornando nuovamente a sx in 5′ si perviene alla Forchetta Gualerzi.  Da questa si scende una decina di metri sul versante Calderone per intercettare sulla sx un ancoraggio di calata. Con una doppia da 25-30 m si arriva ad un piccolo spiazzo; si scendono 4-5 m a piedi (altrimenti con corda da 70m non occorre camminare) per intercettare il secondo ancoraggio presente sulla dx. Con una doppia di 15 m si perviene all’ampio terrazzo (spit) che taglia orizzontalmente la parete NO del Cambi (è possibile evitare le doppie disarrampicando, ma la seconda la consiglio vivamente). Lo si percorre in leggera salita (bolli giallo/rossi) in direzione della Forchetta del Calderone; la si raggiunge con qualche passo di arrampicata in discesa (attenzione!) e si riprende il sentiero di andata fino al rientro a Campo Imperatore.

MATERIALE

Corda da 50m, n.d.a, friend medio-grandi, nut.

Il tracciato della via in celeste e tratteggiata in nero la discesa.

 

 

 

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Corso alpinismo su roccia, Gran Sasso: il report.

Luglio, tempo di montagna, tempo di corsi. E dove se non sul re degli Appennini, sua maestà il Gran Sasso?

Appuntamento formativo programmato in tarda primavera, ha avuto come ospiti Bruno, Luigi ed Antonio. Gruppo ristretto per poter garantire ottima didattica e possibilità di salite anche di un certo impegno.

The band!

Due wend trascorsi sul Corno Piccolo, il primo sulle Fiamme di Pietra il secondo alle Spalle del Corno Piccolo. Roccia sempre al top e vie ormai divenute classiche per la bellezza e per gli scorci di cui si può godere.

Nel primo step siamo tra l’altro stati ospiti del Rifugio Franchetti: non mi stancherò mai di descrivere l’importanza che questa (ed altre strutture) rivestono per la fruizione della montagna, sia da parte dei professionisti che dei semplici frequentatori. Ed al Franchetti troverete sempre personale attento alle esigenze sia del trekker che dell’alpinista.

Vetta orientale dal Rif. Franchetti.

Beh, lasciatemelo dire, sono stato profondamente soddisfatto del gruppo e di quello che siamo riusciti a realizzare. Livello davvero alto, anche perché conosco la storia arrampicatoria di alcuni dei partecipanti. Quello che segue è un brevissimo video che sono riuscito a montare tra un’uscita e l’altra di questo periodo di lavoro intenso. Per chi volesse vivere l’esperienza di una o più giornate sulla roccia spettacolare del Gran Sasso può scrivermi ad info@riccardoclimbing.com e concordare l’esperienza che più si adatta alle proprie capacità ed esigenze.

Ancora buona estate ricca di montagna ed emozioni!

Grazie a Climbing Technology, Campo Base Outdoor Roma, Rifugio Franchetti.

 

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CAVALCARE LA TIGRE, GRAN SASSO, CORNO PICCOLO

IMPRESSIONI E RELAZIONE di UNA LUNGA CAVALCATA: CAVALCARE LA TIGRE

“A smooth sea never made a skilled sailor” recita un detto anglosassone… Oggi potremmo tradurlo con il ben conosciuto e forse abusato concetto della zona di confort. In cui molti sembrano restare, alcuni vorrebbero uscirne, altri lottano fermamente per venirne fuori.

Come tutti i tarli che si rispettano, “Cavalcare la tigre” alberga in tutti gli alpinisti che per un attimo hanno rivolto lo sguardo a quel pancione sulla Est del Corno Piccolo. Come feci io da ragazzo camminando lungo il sentiero che percorre il vallone delle Cornacchie e conduce al rifugio Franchetti. A quel tempo ero un semplice trekker ventenne; su quel pancione c’era una cordata, ma io – al di là dell’estetica ardita di quella linea – ero all’oscuro di tutto ciò che questa via rappresentava e rappresenta nell’immaginario dell’alpinismo del centro Italia (e non solo, visto che cordate si muovono dal nord Italia per ripeterla).

Ad inizio stagione arriva un messaggio dal giovane Gab, alias Gabriele Paolucci che mi proponeva di andarla a ripeterla. Con Gab ho condiviso diverse salite, alcune delle quali anche di impegno; sono stato subito felice quantomeno di aver trovato qualcuno nella cui testa albergava un po’ il desiderio di andare a mettere il naso da quelle parti. Incastrare i vari impegni di lavoro miei e di studio suoi non è stato facile, ma alla fine ci siamo riusciti, in una delle estati che verrà ricordata tra le più torride degli ultimi 20 anni.

Così nonostante il caldo – che per un attimo ci ha anche fatto prendere in considerazione di abbandonare il tentativo – abbiamo ripetuto questo pezzo di storia il 3/08/2017.

Che dire..alla fine di ogni avventura ti senti un po’ svuotato, paure e timori svaniscono e sembra che tutto torni nei contorni “normali”,  tutto rientri più meno in una salita di routine.

Felicissimi entrambi ci siamo abbracciati sulla cresta NE dopo l’ultimo tiro, nemmeno quello banale…assettati e stanchi ci siamo seduti ed abbiamo ammirato la montagna in tutta la sua serenità. Ho pensato per l’ennesima volta che quello è il carburante più importante per me, poter trascorrere ore e giorni in montagna, anche attimi di dubbio, di fatica, di difficoltà, ma alla fine tornare a riempire gli occhi con le sue innumerevoli sfaccettature.

In molti mi hanno chiesto “allora è una bella via?”…forse ancora ci sto riflettendo. Di certo mi sento dire che è una bella avventura ed è una bella sfida con le proprie paure, complice l’alone di “mito” che le circola attorno. Forse appunto la cosa più interessante – a posteriori – è stata quella di andare a sondare un po’ la propria “testa”, inteso come capacità di saper gestire dei fattori che possono rendere non scontato anche un tiro di 6b. Essere lì e fare in modo che i tuoi occhi vedano solo i pochi metri quadri di roccia da decifrare, entrare un po’ in quell’atmosfera “dissociata” che ti isola da tutto il resto. Sono i “viaggi” cha amo di più, quelli che mi regalano le gioie maggiori. La linea della via non sarà un granché e dal punto di vista della bellezza dei tiri esistono vie molto più omogenee; ma questi magari sono aspetti che possono passare in secondo piano per una volta se si sceglie di privilegiare altro. Resta di certo la bellezza e l’estrema ricercatezza del traverso e la fatica del tiro precedente.

Di seguito la mia relazione sulla via, sperando di fare cosa utile a chi voglia ripeterla. Ringrazio Gabriele Paolucci, giovane promessa e compagno di avventura, CLIMBING TECHNOLOGY per il sostegno alle mie attività, Laura per il sostegno “a distanza”.

 

RELAZIONE TECNICA 

Ripetizione del 3/08/2017 di R. Quaranta e G. Paolucci

GRAN SASSO, CORNO PICCOLO, PARETE EST

Via “CAVALCARE LA TIGRE”, P. Caruso, M. Marcheggiani, R. Caruso luglio e novembre 1982 

380 m, ED-, VII- obb., A2+ e circa 150 m di zoccolo basale.

cavalcare la tigre tracciato

ACCESSO

Dalla stazione superiore della seggiovia Prati di Tivo raggiungere per comodo sentiero il Passo delle Scalette, proseguire verso il Rif. Franchetti, sino a q. 2100 circa, prima che il sentiero vada ad aggirare sulla sx, un salto roccioso attrezzato con cavi metallici. Abbandonare quindi il sentiero e dirigersi con percorso libero tra massi e detriti verso la base della parete est del Corno Piccolo, puntando dove sorge la caratteristica Grotta delle Cornacchie, ben visibile già dal basso; raggiungerne quasi l’ingresso (30/40’ dalla Stazione Superiore della seggiovia, 60/70’ dal parcheggio auto di Cima Alta lungo il sentiero della cresta dell’ Arapietra).

ATTACCO

Attaccare lo zoccolo risalendo per un canale rampa erboso situato 15-20 a dx (fronte alla parete) della grotta delle cornacchie (passi di III alternati a erba ripida) per circa 60m. Al termine del canale consiglio di sostare (cordone vecchio) e proseguire a tiri di corda o conserva. Infatti si supera un breve tratto verticale di erba e roccia,  si prosegue brevemente a mezza costa (prato ripido) verso dx puntando ad una rampa erbosa che obliqua da sx verso dx. Sostare alla base di questa; superare un tratto roccioso III+, entrare nel canale erboso e percorrerlo fino dove termina, su una cengia comoda. Sosta su due chiodi poco visibili su una fessura orizzontale (30m circa). Da qui prima in leggera salita (qualche mugo da superare), poi in discesa ed infine nuovamente in salita, sempre per canali erbosi misti a roccia, si raggiunge la comoda cengia-pulpito e si sosta in comune con il termine del terzo tiro della via F.I.R.S.T. (50m). Si veda foto con la traccia e le soste.

L1, 40m, IV

Dalla sosta in comune con la F.I.R.S.T., si ignora il chiodo sulla verticale della stessa, ci si porta 4m a dx, si prende un evidente camino-canale obliquo da dx a sx. Lo si abbandona dopo circa 20m prendendo un diedro rampa sulla sx, raggiungendo dopo poco la comoda S1 (2ch).

L2, 35m, III+

Si prosegue per la rampa obliqua verso sx sino a un tratto facile di placche bianche con fessure erbose orizzontali; alla loro dx si erge un muro verticale grigio-giallo, alla cui base si sosta (chiodi), in corrispondenza di una cengia erbosa orizzontale.

L3, 45m, IV

Si traversa in orizzontale verso sx sulla stretta cengia erbosa, quindi sempre per cengia si scende un tratto arrampicando (delicato); si supera la sosta della via “Viaggiatore Incantato” percorrendo un comodo ballatoio (visibili corde fisse, spit, rinvii in parete) alla base del pancione monolitico, sostando poco prima che la fessura inizi a scendere (ch).

L4, 15m, V

Si prosegue il traverso in leggera discesa verso sx, poi in orizzontale superando un mugo dopo il quale si torna a scendere disarrampicando lungo una fessura (delicato, ch. e possibile friend) e raggiungendo la base del caratteristico diedro ad arco sotto cui si sosta (2 spit).

L5: 45m, VI+/VII-, A2+

Dalla sosta si traversa 2-3 m a sx, poi dritti ad affrontare il primo passo del tiro (VI, ch., e poi spit), portandosi alla base del diedro mediante una grossa scaglia di roccia non ottima. Affrontare il fondo del diedro proteggendosi con spit e chiodi, arrampicata atletica su fessura via via più stretta e difficile. Quasi a metà del tratto verticale inizia il tratto in artif. (A2+) che prosegue allorquando il diedro fa arco verso dx ed inizia a strapiombare decisamente. Qui è attualmente necessario integrare l’artif. con friend, fino ad un chiodo grigio Climbing Technology lasciato dal sottoscritto quasi al termine dell’arco. Da questo è possibile riprendere ad arrampicare in libera (VI+) uscendo con pochi metri dalla zona strapiombante. Proseguire verticalmente, superando una sosta, su due fessure in sequenza (ch. a “V” ballerino poco sopra la sosta, ribattuto ma non affidabile…, possibile integrare con friend, VI+/VII- sostenuto); con arrampicata più semplice (V) ma mai banale raggiungere la sosta in piena placca (2 spit).

L6, 25m, VI e passo di VII-

Con arrampicata delicata salire in leggero obliquo a uno spit (cordone lungo in posto non affidabile), poi ridiscendere in obliquo a sx ( VI delicato) e traversare in orizzontale sino a un micronut smartellato; tenerlo all’altezza delle mani, sfruttando il grosso buco in cui è inserito come appiglio. Traversare pressoché orizzontalmente per 2 m fin sotto alla verticale di una piccola rigola, fermandosi con il piede sx ad un’ottima tacca di roccia bianca. Da qui salire dritti a prendere la rigola descritta con la mano dx e con passo delicato (passo chiave del tiro) raggiungere l’evidente grosso buco ben visibile dal basso; proseguire e raggiungere un secondo grosso buco con chiodo all’interno. Da qui puntare ad un’evidente fessura che delimita la placconata sulla sinistra (tricam blu), raggiungendone la base (ch. e spit); risalire la fessura con piacevole arrampicata in dulfer e sostare al suo termine su un comodo pulpito (3 ch, di cui uno ballerino ed uno poco visibile perché spostato abbastanza a dx).

L7, 45m, V+

Spostarsi a sx della sosta per prendere la soprastante rampa obliqua da sx a dx (V), percorrerla fino ad un piccolo strapiombo da superare lungo una fessura (V+). Proseguire su una zona di belle placca a rigole poco proteggibili (V- e IV), prima verso dx, poi in obliquo verso sx, raggiungendo un’evidente fascia strapiombante, mirando all’unico punto debole della stessa, rappresentato da una fessura diagonale strapiombante. Sostare poco al di sotto di essa (2 ch.).

L8, 55m, VI

Salire la placca aggettante appena sopra la sosta e la fessura diagonale subito dopo (VI atletico; ho ignorato la fila di chiodi presenti in diagonale sulla placca 1 m più in basso), proseguendo per terreno facile e appoggiato, dapprima in obliquo a dx per 20m, poi in obliquo verso sx (a prendere la zona di placche) per altri circa 25m tra rocce facili, puntando alla base di un’evidente scaglia staccata sinuosa a forma di sega. Sosta alla base di quest’ultima, su massi incastrati (attenzione ad alcune lastre instabili)

L9, 30m, IV

Portarsi alla base della scaglia (ch.), salirla con estetica ma facile e poco proteggibile arrampicata esterna (cl.); proseguire, quando la scaglia termina, lungo la soprastante facile placca, giungendo alla base di una fessura strapiombante obliqua  da sx a dx. Sosta su ch.

L10, 40m, pass. VII- o A0, III

Attaccare la fessura obliqua e leggermente strapiombante (V), superarne la strozzatura con passo di boulder (ch. difficile da moschettonare per i bassi di statura, VII- o A0). Proseguire per un diedrino  da sx verso dx fino a raggiungere la cresta NE per facili roccette (III). Sosta su spuntone.

Discesa :
Tra le varie alternative consiglio di gran lunga  di scendere per la Cresta Nord-Est a piedi (II grado + 2 calate in doppia) fino alla Madonnina (arrivo della cabinovia), 1 h 15’ circa.

MATERIALE

N.D.A., mezze corde da 60m, almeno 12 rinvii (soprattutto se non si vuole spezzare L5), 2 staffe sia per il primo che per il secondo, set di friend dal n. 0.3 al n. 2 BD (utile anche il n. 3 solo per la fessura di L10), martello ed una scelta di 3-4 chiodi.

TEMPO: 6-8 ore solo per la via (discesa esclusa), 1 ora almeno per lo zoccolo.

Foto di Gabriele Paolucci e Riccardo Quaranta

RICCARDO QUARANTA

A. GUIDA ALPINA

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“SOMEWHERE IN TIME”, M. MOZZONE (2290 m), parete E – Gran Sasso

Ci sono luoghi persi nel tempo, c’è del tempo che si perde nei luoghi. Che si perde nel senso di smarrimento, dell’uscire fuori dalla realtà spaziale per catapultarsi in qualcosa che è un vero e proprio viaggio. Il Rifugio del Monte (http://www.rifugiodelmonte.it), posto alle pendici del Monte Corvo e del Monte Mozzone, è uno di quei posti dove le coordinate spazio-tempo non esistono più. Isolato, nascosto ed immerso in un ambiente ancora incontaminato, è attualmente gestito dall’amico e AMM Arnaldo Di Crescenzo. Durante una visita questa estate avevo fatto due passi nei dintorni, spinto dalla curiosità di quell’anfiteatro di rocce che circonda gran parte della vallata in cui è collocato. In generale ero stato colpito dall’evidentissima stratigrafia delle rocce, con pieghe nette e marcate, assolutamente suggestive. Tali strati piegati dalle forze endogene formano sulla parte est del Monte Mozzone dei suggestivi camini curvi, forme talmente caratteristiche che nessun passante non può aver notato. Già ad agosto avevo pensato che proprio quei camini potevano essere delle splendide vie invernali, con probabile ghiaccio all’interno ed ambiente simile alle goulotte.

Come ogni buon pensiero nel cassetto che si rispetti, quelle pieghe tornano a galla ad inizio dicembre…un paio di giorni liberi a causa di variazioni di programma negli appuntamenti lavorativi ed eccomi in compagnia di Valeria e Arnaldo a cenare in una notte di luna piena al Del Monte. La giornata successiva regalerà a me e a Valeria la bellissima avventura dell’apertura di “Somewhere in time”, terza linea recensita sulla est del M.Mozzone, trovandola decisamente più “secca” di quanto immaginato, ma comunque divertente. Si attende quindi la prima ripetizione che spero non tarderà ad arrivare, magari con un po’ di neve ad accompagnarla.

Foto mie e di Valeria De Simone

Riccardo Quaranta

a. Guida Alpina

 

“SOMEWHERE IN TIME”, M. MOZZONE (2290 m), parete E. Dedicata a Pino Sabbatini

160 m, TD, M5, tratti a 90°

Aperta totalmente in libera dal basso da Riccardo Quaranta e Valeria De Simone il 11/12/2016. Soste attrezzate a fix con maglia rapida di calata.

Accesso ed attacco

Da prato Selva si raggiunge il Rifugio del Monte (indicazioni in rete), da qui ci si inoltra nel fosso del Monte, facendo attenzione alla traccia in caso di forte innevamento. Circa a quota 2020 m si devia a dx (faccia a monte) raggiungendo l’attacco della via. Questo è in corrispondenza di uno dei due evidentissimi camini curvi presenti sulla parete, quello di dx. (1 h dal rif. del Monte, con innevamento scarso)

Relazione.

L1, 40m, 80° max

Si attacca in una goulotte appena accennata per una decina di metri, poi in leggero obliquo verso dx, si affronta un ultimo tratto più ripido (80°) per guadagnare la sosta posta alla base sx dell’evidente camino

L2, 60m, M5, tratti a 90°

Tiro chiave della via, lungo e tecnico, ma non particolarmente continuo nelle difficoltà. Si attacca il camino che presenta i primi metri godibili su fondo innevato (60°), poi le pendenze gradualmente aumentano fino a farsi verticali. Si superano un paio di strettoie (90°, M5) con buoni incastri per le picche ma appoggi minimi per i ramponi in caso di assenza di ghiaccio. Si esce attraverso un tratto semplice a 70° su un’ampia cengia con sosta sulla dx (faccia a monte)

L3, 60 m, 70°

Si prosegue superando dapprima un tratto quasi in piano ma esposto (a sx si apre un canalino che affaccia sulla sottostante via “Neve del Sahara”) andando ad attaccare il canale naturale prosecuzione della via. Questo presenta roccia sulla dx, dove è possibile proteggersi. Con difficoltà omogenee si raggiunge il termine dello stesso, su una zona quasi pianeggiante. Sosta sulla dx, non troppo evidente, 5-6 m dopo una zona di roccia gialla – residuo di un recente distacco – presente anch’essa sulla dx (faccia a monte).

DISCESA

In doppia lungo la via, soste attrezzate con anello di calata.

MATERIALE

Mezze corde da 60m, 5-6 chiodi da roccia, anche a lama sottile, friend fino al 2 BD, n.d.a.

Si ringrazia Climbing Technology, Petzl Italia, il negozio Alta Quota di Isernia.

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RELAZIONE VIA: KING KONG’S CRACK – PIZZO D’INTERMESOLI

E’ inutile, certe linee sono un tarlo per la testa di uno scalatore…come un tarlo scavano, scavano e ti entrano dentro negli angoli remoti del cervello. Spuntano ogni qual volta l’occhio cade su quella parete, dove dimora la “tua” linea, quando qualcuno ti racconta di essere stato da quelle parti, quando prendi in mano la guida e guarda caso la pagina si apre proprio li’.

King Kong’s Crack per me è stato questo: sempre guardata ogni volta che passavo in Val Maone, sempre rimandata perché è difficile combinare le 6000 variabili per poterci andare. “Ric guarda che mi sto liberando per venerdì, torniamo a legarci insieme!!” mi scrive Fabio. Lui è la persona giusta, è una di quelle variabili prima menzionate che quando c’è mi fa stare decisamente più tranquillo. Insieme abbiamo condiviso tante salite, sempre di impegno, come quella che ci attenderà in questa chiusura di stagione roccia al Gran Sasso; sapere di avere accanto una persona che sa cavarsela sempre non è poca cosa per chi normalmente è abituato ad avere sulle spalle la responsabilità della gita e della cordata.

Mattinata splendida quella che si prospetta arrivando a Prati di Tivo: deserto quasi assoluto se si eccettuano un paio di cordate intente a preparare i materiali sul piazzale. Per il resto la montagna è solo nostra. Ci incamminiamo dopo il rito della selezione del materiale – “Fa’ il n. 4 lo porto?!?!…dai ok lo porto” – che chi è dell’ambiente e conosce un po’ le caratteristiche della via, non stenterà a capire di cosa parlo..

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Giunti alla base del Pilastro Giallo la fessura è evidentissima, ma in mano la foto della relazione de “Il Chido Fisso” di Ledda ci fa riflettere un po’: la linea tracciata su questa passa a sx della evidente (e anche un po’ intimidatoria) fessura che solca la gialla parete. Decidiamo di non indugiare ulteriormente, ma salire e vedere poi dalla seconda sosta dove andare. Dei primi due tiri se ne occupa Fabio e devo dire meno male: roccia discreta, erba e terra ridondante, senza farsi mancare densi gineprai. Insomma due lunghezze in cui bisogna salire con il massimo dell’attenzione, con “sleghi” notevoli, a meno che ci si voglia portare qualche picchetto da tenda.

Lo raggiungo alla seconda sosta, ci guardiamo in faccia chiedendoci “ed ora”?!? Dove andiamo? Sx come dice il tracciato della guida o decisamente a dx (traverso orizzontale) ad attaccare la netta fessura, per niente incoraggiante? Ok leggiamo la relazione…niente, un laconico “ci si porta sotto la fessura che incide la parete (V) e la si aggredisce con decisione..” Siccome c’ho fatto il callo su relazioni poco rispondenti, capisco che la fessura non è quella del tracciato nella foto del “Chiodo Fisso”, ma quella a dx; Fabio mi conferma smanettando su alcune foto on line: ok andiamo, è ora di passare all’azione.

Il terzo tiro, un mix di tecnica di incastro e Dulfer è semplicemente spettacolare, almeno per gli amanti dell’arrampicata in fessura. Del quarto tiro se ne occupa Fabio ed anche questo è davvero degno di nota per bellezza ed impegno. Il quinto è una rampa di roccia che obliqua verso sx e conduce poi ad una parete aperta (sesto tiro) che si supera con un unico tiro di 60 m secchi; la ciliegina sulla torta è il tiro di uscita, un canale prevalentemente erboso che conduce sui ripidi prati sommitali.

Scendiamo con cautela ed in tra quarti d’ora siamo nuovamente sul sentiero d’accesso dove avevamo mollato gli zaini. Solo ora guardo Fabio e gli dico “ora possiamo stringerci la mano frate'”, la discesa è parte integrante della salita! Ci attende un piatto di fettuccine ad Intermesoli, andiamo, prima che venga buio….e che la sete di birra ci consumi dentro.

Insomma che dire su questa via: il mio parere è che merita unicamente per il terzo e quarto tiro, molto belli e che in parte “ripagano” delle restanti lunghezze e della discesa a piedi. Forse se partisse dal basso, seguendo la linea naturale del diedro fessura che parte dallo zoccolo e fossero attrezzate le soste per le doppie, acquisirebbe maggior valore ed appetibilità. Per il resto ovviamente complimenti agli apritori che hanno risolto, ai tempi, una linea così esigente.

FOTO di Fabio Ferranti e Riccardo Quaranta (cliccare sull’immagine per ingrandirla)

 

“KING KONG’S CRACK” – Pizzo d’Intermesoli, Pilastro Giallo, versante S

Paolo Abbate, Giuseppe e Robero Babieri il 4 giugno 1988

215 m, ED, passaggi fino al VII

 

Tracciato della via "King kong's Crack"

Tracciato della via “King kong’s Crack”

 

RELAZIONE  (salita del 30 settembre 2016 da Riccardo Quaranta e Fabio Ferranti)

MATERIALE: n.d.a., serie di friend fino al n. 3 BD, doppiata per n. 2 e 3, n.4 utile ma non indispensabile; nut, qualche chiodo utile per il sesto tiro.

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Accesso

La Val Maone si raggiunge attraverso un ampio sentiero che parte dal piazzale di Prati Di Tivo (TE): per attaccarlo si prosegue a dx, oltrepassando la stazione della funivia, per qualche centinaio di metri, fino a prendere una sterrata sulla sinistra (chiusa al traffico da una sbarra). Prima in discesa e poi in salita, superando il torrente “Rio Arno” si accede alla valle; oltrepassato un caratteristico grande masso, si lascia il sentiero (freccia di legno che indica “Grotta dell’Oro) e per traccia evidente si inizia a salire il pendio erboso sulla dx. Si costeggia la macchia boschiva, si oltrepassa la “Grotta dell’Oro” (netto antro dall’ingresso squadrato) e dopo pochi minuti si è alla base del “Pilastro Giallo” (50′ dal parcheggio)

Quasi all'attacco della via

Quasi all’attacco della via

Attacco

Si oltrepassa lo spigolo del Pilastro Giallo e ci si porta sotto uno zoccolo di roccia ed erba che forma un netto diedro con il pilastro stesso. L’attacco della via è all’incirca al centro dello zoccolo stesso.

L1, 30m, IV

Si risale la prima parte dello zoccolo, con arrampicata su roccia discreta mista ad erba e ginepro, puntando al centro di uno scudo roccioso, alla base del quale si sosta. Sosta su 2 chiodi.

L2, 50m, IV+

Si obliqua leggermente a sx, evitando una zona strapiombante, poi si torna a dx, prima su terra ed erba, poi su roccia via via migliore, fino al termine dello zoccolo. Sosta su chiodo e spit.

 

Fabio su L2

Fabio su L2

L3, 20m, VII sost.

Si traversa pressoché orizzontalmente a dx, con poche possibilità di proteggersi (V) fino ad attaccare la netta fessura; attenzione agli attriti se si è riuscito a piazzare qualcosa lungo il traverso. Si segue la fessura con tecnica di incastro incontrando, dopo il primo passo impegnativo, un chiodo e poco sopra, un friend incastrato. Da qui ci si protegge con friend medio grandi (n. 2 e 3 BD)….l’arrampicata è a dir poco entusiasmante e mixa tecnica d’incastro a tratti di Dulfer puri, (VII sostenuto). Dopo un ultimo passo su roccia non perfetta si guadagna la sosta sulla sx.  Sosta su 2 chiodi.

Io su L3

Io su L3

 

Fabio disperso nel vuoto siderale di L3

Fabio disperso nel vuoto siderale di L3

 

Ed eccolo che arriva!

Ed eccolo che arriva!

 

L4, 25m, VII-

Si riprende la fessura, si supera un primo tratto aggettante (VI+), poi questa si allarga diventando una specie di diedro che obliqua leggermente a sx, si supera un passo liscio e poco intuitivo (utile friend n. 4 BD, VII-) e con un ultimo passaggio atletico (ch.) si perviene ad una comoda sosta. Sosta su 1 ch. e 1 spit.

 

Fabio da primo su L4

Fabio da primo su L4

 

Fabio mi recupera su L4

Fabio mi recupera su L4

L5, 30m, V-

Seguire una bella ed invitante rampa verso sx, su roccia non sempre buona come appare dal basso; dopo un passo non banale si sosta in prossimità di un alberello. Sosta su spuntone da attrezzare.

L6, 60m, VI

Si esce a sx della sosta, si perviene alla base di una placca, che si apre a dx di un canale-camino. La si affronta pressoché al centro (VI) su roccia all’inizio compatta e difficile da proteggere, utile qualche chiodo. A circa metà parete le difficoltà diminuiscono (V e V-) ma la qualità della roccia peggiora e bisogna prestare attenzione. Dopo un diedro accennato che obliqua a sx si perviene alla crestina sommitale, dove si sosta. Dato lo sviluppo del tiro, prestare attenzione alla gestione degli attriti. Sosta su spuntone da attrezzare.

L7, 55m, III+

Si sale l’evidente canale erboso, che presenta qualche roccia ai lati dove assicurarsi, pervenendo ai prati sommitali. Sicura a spalla.

Fabio su L6

Fabio su L6

DISCESA

Si traversa lungamente verso dx (faccia a monte) su ripidi pendii erbosi, superando una prima zona di detrito; si perde quota fino ad imboccare il canale che delimita il margine dx (osservando dalla Val Maone) del settore denominato “le Strutture”. Prestare molta attenzione con erba bagnata o umida e non sottovalutare questo aspetto della salita.

 

Legati insieme ancora una volta!

Legati insieme ancora una volta!

 

 

 

 

 

 

 

 

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RELAZIONE VIA “Libertà è partecipazione”, Prima Spalla, Corno Piccolo, Gran Sasso

Per la comunità alpinistica del centro sud Italia (e non solo), questa stagione 2016 passerà tristemente alla storia per la perdita di due forti scalatori, morti durante il tentativo di apertura di una nuova via sulla parete nord del M. Camicia. Inutile dire di chi si tratti, la notizia è circolata fin troppo sui social ed in generale sul web. Quando Emiliano mi ha chiesto di andare a ripetere insieme una via aperta proprio da Roberto Iannilli, ho pensato che sarebbe potuto essere un buon modo per omaggiare lui e la sua opera di esplorazione e di avventura svolta spesso in compagnia di Luca D’Andrea. “Libertà’ è partecipazione” era stata la prescelta da Emiliano e Silvia…io non l’avevo mai salita, quindi un’occasione in più per vivere l’emozione degli apritori in un settore che amo particolarmente, quello della parete sud della Prima Spalla del Corno Piccolo. Cercando in internet ci siamo accorti che ben poco esisteva su questo itinerario; ho ritenuto quindi potrà essere di aiuto e/o stimolo una relazione di questa bella via, non difficile e forse tra le poche di Iannilli accessibili ad un pubblico “popolare”.

RELAZIONE

“LIBERTA’ E’ PARTECIPAZIONE” Parete Sud Prima Spalla, Corno Piccolo del Gran Sasso.

Roberto Iannilli e Patrizia Perilli il 01/08/1996

160 m circa, D+, V+ max.

Salita del 28/08/2016 in compagnia di Emiliano e Silvia

La nord della Seconda Spalla e alla sua sx il Canale Bonacossa (ph. E. Cupellaro)

La nord della Seconda Spalla e alla sua sx in Canale Bonacossa (ph. E. Cupellaro)

ACCESSO

La parete sud della Prima Spalla del Corno Piccolo è raggiungibile facilmente percorrendo il sentiero Ventricini fin quando questo si affaccia su un’ ampia conca ghiaiosa, al cospetto della Nord della Seconda Spalla (20′ dall’arrivo degli impianti alla Madonnina). Da qui non scendere, ma percorrere la crestina che sale verso sx, poi traversare a dx per sentiero accennato, quasi orizzontale, dirigendosi verso la base del canale Bonacossa. Quest’ultimo divide la parete nord della Seconda Spalla dalla nord della Prima Spalla. Risalirlo interamente slegati o in conserva, a seconda del livello (passi di III) per circa 350 m di dislivello, ponendo attenzione alle sezioni più ricche di detriti. Nei tratti più difficili presenti protezioni in loco o cordoni con cui fare eventualmente sicura. Al termine del canale si perviene alla Forcella Bonacossa, porta di accesso alla solare parete sud della prima spalla. Si percorre quindi la comoda cengia alla base della parete fino all’attacco della via (1h 15′ dalla stazione di arrivo degli impianti).

Risalendo il Canale Bonacossa

Risalendo il Canale Bonacossa

ATTACCO

Un centinaio di metri dopo la forcella Bonacossa, in corrispondenza di un netto diedro-fessura obliquo verso dx; in alto corrisponde un tettino posto al termine di un’ampia zona giallastra.

Tracciato delle vie (da "Il chiodo fisso" P. Ledda, Ed. Il Lupo)

Tracciato delle vie (da “Il chiodo fisso” P. Ledda, Ed. Il Lupo)

RELAZIONE

L1: Si sale la fessura-diedro ascendente verso destra con bei movimenti di arrampicata in opposizione, proteggendosi con friend medio-grandi; al termine del diedro si traversa orizzontalmente a dx per sostare. Sosta da attrezzare. (30 m)

L'attacco della via (ph. S. Sole)

L’attacco della via (ph. S. Sole)

L2: Dalla sosta ci si riporta all’uscita del diedro per attaccare la placca a sx, puntando ad un cordone (ch.) con arrampicata delicata e non proteggibile (V+); dal chiodo si obliqua leggermente a dx (IV+) proteggendosi con una clessidra poco visibile, si continua a salire fino all’altezza di una fessurina divenuta visibile sulla propria sx; si traversa a prenderla (passo di V- delicato), la si percorre fino ad una clessidra con cordone. Da qui in leggero obliquo a dx verso una nicchia rossastra con roccia rotta, immediatamente sopra la quale si sosta scomodamente. Sosta con 2 ch. da collegare. (25 m)

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Silvia ed Emiliano impegnati sul secondo tiro (ph. V. De Simone)

L3: Dalla sosta a dx a prendere una fessurina (ch), poi su placca su roccia non sempre buona e percorso non obbligato si raggiunge la sommità del pilastro su cui si sosta (IV+, IV). Sosta con 2 ch collegati da cordone. (50 m)

S2 vista ripartendo per il terzo tiro

S2 vista ripartendo per il terzo tiro

L4: Dalla S3 ci si alza dritti su placca (cless. con cordone) poi in leggero obliquo a dx su bella roccia (IV) in direzione di una grande e netta fessura obliqua a sx. La si raggiunge (ch. arancione Camp non visibile dalla sosta in basso, da dove invece è visibile un chiodo nero posizionato lungo il fessurone ma alcuni metri più in alto; quest’ultimo è quindi da tralasciare, su tale fessura corre un’altra via) e la si supera verticalmente su placca all’altezza del chiodo; da qui è già visibile la soprastante fessura da raggiungere. Su placca stupenda ad ottimi buchi si perviene alla fessura visibile gia dal basso (ch. alla base), la si affronta (V+) con splendida arrampicata in dulfer fino al suo termine. Da qui sempre dritti su roccia da favola (V) che all’apparenza potrebbe apparire difficile – invece è ricca di ottimi buchi su calcare giallastro – si supera una cengia con detriti e su roccia rotta (attenzione!) si perviene alla cresta. Sosta da attrezzare. (50 m)

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Lo splendido quarto tiro (ph. E. Cupellaro)

Da qui, per facile cresta, verso dx (spalle alla via) si perviene alla sommità della Prima Spalla.

In vetta!

In vetta!

DISCESA: in doppia dalla via “Attenti alle Clessidre” o a piedi per la “Via del Canalone”.

MATERIALE: n.d.a., comprensiva di friend medio grandi per il primo ed il quarto tiro.

Relazione a cura di Riccardo Quaranta Guida Alpina; grazie a Emiliano Cupellaro e Silvia Sole per le foto e la bella giornata trascorsa insieme.

 

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