“10 anni fa vi avrebbero pagato da bare la sera al bar” esclama Nino mentre Luca mi recupera in sosta. Stiamo salendo la “Via dei bellunesi” alla Timpa di Falconara, uno dei primi itinerari aperti sulla parete. Svegliati di buon’ora la mattina, approfittiamo per arrampicare un po’ prima dell’inizio delle attività previste per l’evento “Timpe Settembrine”. Nino Larocca appartiene alla corrente esplorativa dei “banchisti”, persone che salgono le timpe (termine diffuso in varie regioni dell’Italia meridionale che significa in genere collina, rilievo) attraverso cenge oblique che altro non sono che porzioni mancanti di strati rocciosi. Ne derivano cenge oblique che offrono la possibilità di camminare o arrampicare sullo strato inferiore. Nino ci sta seguendo nella nostra arrampicata proprio collegando una serie di “banchi” e la cosa che ne esce fuori è abbastanza pittoresca: due tizi “armati” di tutto punto con il materiale necessario per una via e lui puntuale a raggiungerci ad ogni sosta, macchina fotografica in mano, scarpe da trekking, dopo aver seguito la cengia giusta. Mi viene subito in mente un vecchio motto dell’alpinismo, quello di cercare il facile nel difficile, quindi anche se – a quanto dice lui – di arrampicata non ne sa niente, è di sicuro molto più alpinista di noi! Chi e perché, nelle sue parole, ci avrebbe accolto con un bel bicchiere di birra fresca al bar, la sera, allora? Lo avrebbero fatto i preposti alla tutela dell’ambiente, persone che un tempo nutrivano ammirazione per gli esploratori, per chi decideva di salire a vedere cosa ci fosse più in là o sotto i propri piedi (come accade per le tante amate grotte dei racconti di Nino, speleologo veterano). Ammirazione ma anche forse consapevolezza che “perdersi” in certi ambienti è proprio di coloro che la natura la amano e la rispettano, lontano dagli occhi delle folle e dai meri risultati sportivi. Oggi invece, in questi angoli remoti del sud Italia, ci sono ancora rappresentanti dello Stato (che noi tutti paghiamo perché facciano il loro dovere) che confondono il giudizio personale con la funzione che dovrebbero svolgere, cioè quella di far rispettare le leggi. Le leggi di un Parco Nazionale, non le proprie. Quindi ad aspettarci non ci saranno bicchieri e birra, una pacca sulla spalla, un racconto della giornata, ma una macchina in bianco e verde a fare avanti e dietro sulla sterrata alla base della Timpa, con i rappresentati dello Stato intenti a fare foto, a noi e alle automobili che intanto sono iniziate a confluire per l’inizio della manifestazione.
Due giorni in una realtà separata, direbbe un mio amico. Così sinteticamente definirei l’esperienza alla Timpa di Falconara. Luogo tra i più suggestivi che abbia finora visitato nel centro sud, luogo fuori dalla portata anche dei turisti meno “commerciali”. Sì perché solo per arrivarci ti devi smazzare circa un’ora di strada sterrata da San Lorenzo Bellizzi, tanto per fare in modo che l’automobile arrivi con un dito di polvere e pronta per entrare nella sceneggiatura del romanzo. Romanzo che nel nostro caso inizia con l’allestimento del campo base presso la chiesa di S. Anna il venerdì sera e poi lo spettacolo di un cielo stellato amplificato dall’assenza di insediamenti umani nel raggio di parecchi chilometri.
Il giorno seguente incontro il gruppo del corso che ha come oggetto materiali, tecniche e manovre su vie lunghe d’ambiente e con buona lena trascorriamo tutta la giornata spiegando e provando praticamente, divisi in gruppetti di lavoro. Il sole di certo non ci ha risparmiato, ma l’entusiasmo e la curiosità, insieme alla voglia di imparare, l’hanno vinta. Sabato sera meritato riposo al campo e ricongiungimento con la “cordata” pugliese capitanata da Graziano Montel, reduce dal primo giorno di chiodatura di un settore a due passi da dove eravamo noi; monotiri che potranno essere un buon ripiego o una buona conclusione di una giornata di vie lunghe sulla Falconara. Anche in questo caso il momento conviviale-gitano è stato spettacolare, riservando chiacchiere, risate e tanta allegria.
La domenica inizia per molti con una sveglia alle 4.30 dal guardiano del campo (Luca) che, tenda per tenda, si affaccia e non c’è bisogno che parli, perché il suo viso è illuminato ad intermittenza da flash…tutti consapevoli che giornalisti non sono stati invitati e tantomeno li avremmo visti all’opera a quell’ora, deduciamo che quelli non sono altro che fulmini, nonostante regni ancora il silenzio e la terra sia ancora arsa. (https://www.facebook.com/556486224424262/photos/a.933859820020232.1073741861.556486224424262/933861276686753/?type=3&theater) Che fare? Soprattutto per le automobili che in caso di temporale mai sarebbero riuscite ad uscire da quella valle? Decidiamo, almeno per gli allievi del corso, di smontare il campo e trasferirci a Cerchiara per svolgere la seconda giornata di formazione. La giornata trascorre intensa nella piccola falesia del borgo e alle 16:00 siamo sostanzialmente in rotta verso l’agognato terzo tempo. A sedere condividendo una bella birra fresca ci siamo noi tutti, allievi e organizzatori, intenti a parlare di futuri progetti e dell’esperienza appena conclusasi. Degli uomini in divisa nemmeno l’ombra.
Ringraziamenti:
Un pensiero caro e sincero all’amico Luca D’Alba promotore del meeting e agli “Avventurieri del Sud”, in particolare Antonio e Giovanni; a Carla Primavera del CAI di Castrovillari; alla “banda dei Pugliesi”, in particolare a Graziano, Guido Gravame e Nino Gagliardi per il prezioso e concreto contributo; a Nino Larocca per i preziosi racconti; a tutti gli allievi che hanno avuto la pazienza di seguirmi e la curiosità di fare un passo avanti; a tutti quelli che, con la semplice presenza, hanno reso vivo l’evento.
Riccardo
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