Nuove calate seconda spalla, parete NE – Corno Piccolo, Gran Sasso

Da qualche giorno sono operative nuove soste di calata dalla parete NE della Seconda Spalla del Corno Piccolo. Era ormai tempo di dare una sistemata alla linea di calate presente su questo versante, soprattutto perché tante cordate adoperano soste di progressione di vie presenti in parete; queste ultime sono di solito su chiodi e clessidre collegate da cordoni (sempre più cordoni che si aggiungono a cordoni..) che versano in cattivo stato. 

Il vecchio e il nuovo..

Ho cercato di realizzare un lavoro che fosse il più possibile duraturo e sfruttabile con diverse lunghezze di corda. Il materiale utilizzato sono fittoni resinati inox 316L da 14mm e resina epossidica pura; i due fittoni resinati sono collegati in serie da un cordone (attualmente verde), il punto basso è dotato di anello di calata. E’ possibile effettuare le calate con corda singola da 60m (4 calate) oppure con una coppia di mezze da 60m (2 calate). Nel primo caso prestare molta attenzione perché le prime due doppie sono “al pelo” (nodi ai capi consigliati!)

La C2

CONSIGLI PER L’USO

Prima delle note tecniche vorrei dare qualche indicazione generale sulla discesa da una delle pareti più frequentate del Gran Sasso: l’aumento costante di praticanti pone sempre più problemi di sicurezza e di sovraffollamento (le due cose sono spesso legate).

  • Formarsi correttamente sulle manovre di corda doppia che resta pur sempre una tecnica “delicata” e addestrarsi a tempi di esecuzione che non siano geologici: spesso ci sono altre cordate che devono aspettare le lungaggini di cordate impreparate..
  • Preferire sempre calate corte a dubbie calate lunghe, per ridurre sia le possibilità di incastro che gli attriti nel recupero delle corde.
  • Preferire sempre la discesa a piedi alla discesa in doppia; quindi nel caso specifico scendere lungo il Canale Bonacossa che prevede qualche passo di III generalmente coadiuvato da corde fisse.
  • Per le cordate provenienti dalla parete N sarebbe auspicabile NON scendere sulle linee di salita, ma raggiungere la cresta e scegliere la calata in doppia dal versante NE o la discesa a piedi dal canale, al fine di non intralciare le cordate ancora impegnate nella salita. 

La C4

DISCESA VERSANTE NE

Per reperire la prima calata bisogna dalla cresta muoversi verso N e prima che inizi a degradare abbassarsi su una piccola cengia verso NE dove è presente la prima comoda sosta. Per chi esce dalle vie Vecchiaccio, Aquilotti 72, Placche del Totem del versante SO, la sosta di calata è 4m a sx  dell’uscita in cresta (faccia a monte). Le soste sono tutte a fittoni resinati Climbing Technology con anello di calata sul punto inferiore. 

Da C1 a C2: 30m!

Da C2 a C3: 29m! (in leggero obliquo a dx faccia a valle)

Da C3 a C4: 25m (in leggero obliquo a dx faccia a valle)

Da C4 al canale: 30m (oppure 15m e si arriva su comoda cengia)

Ringrazio Corrado Vaccaro ed Alessio Nunziata per il supporto logistico; Lorenzo di Tullio, Luigi Ciano, Mirco Di Girolamo, Giampiero Continenza, Alessio Angeloni per il supporto economico nell’acquisto del materiale d’armo. 

Riccardo Quaranta – Guida Alpina UIAGM

Al lavoro! (foto di C. Vaccaro)

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Calate “Punta dei due” – Fiamme di Pietra – Corno Piccolo

La Punta dei Due è una delle guglie che costituiscono il complesso di pinnacoli noto come “Fiamme di Pietra”, nella propaggine sud del massiccio del Corno Piccolo, sul Gran Sasso.

Diversi e sempre interessanti sono i tracciati alpinistici che terminano su questa cima: la famosa via “Gervasutti” oppure la bella e panoramica cresta sud-ovest alle Fiamme, tanto per citarne alcuni.

Dato che è uno dei settori con avvicinamento maggiore, ho pensato potesse fare comodo integrare le soste per le doppie già presenti con altre soste che consentono ora di scendere anche con corda di 50m; questo sia per risparmiare peso durante l’avvicinamento, sia per ridurre la possibilità di incastro. Queste soste possono tornare utili anche a chi percorre la via Chiaraviglio-Berthelet al “contrario” e voglia adoperare una corda da 50m per scendere sul versante sud delle Fiamme.

Prima doppia dalla cima della Punta dei Due, versante est

Doppia dal termine del primo camino della Chiaraviglio (versante sud)

Le soste aggiunte sono a fix inox 316L da 8mm

Di seguito prima una descrizione testuale e poi le foto descrittive.

Dalla Punta dei Due si reperisce una sosta a fix sul versante Est (ce ne sono due, ma da entrambe è possibile calarsi con corda da 50m)

Dalla sosta a cui si perviene (è posta lungo l’ultimo tiro della via “Perdenti nati”) con un’altra calata si raggiunge il balcone della Chiaraviglio. Da qui a piedi ci si sposta a dx (faccia a valle) lungo facile cengia e si reperisce la sosta a fix posta al termine del camino della Chiaraviglio.

Da questa con una calata di 23m circa fino alla base del camino (sosta su due fix 8mm collegati)

Dalla precedente con una calata di 25m (attenzione!) fino ad un comodo ripiano con blocchi incastrati intercettando la linea della Gervasutti. Da qui due opzioni: o ultima calata su cordone blu su blocco o disarrampicando (passo di III) fino alla base lato vallone dei Ginepri.

Grazie a chi mi supporta da tempo: Climbing technology – Campo Base Outdoor – Parbat

 

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“SPLEEN ET IDÉAL” – CORNO PICCOLO, SECONDA SPALLA – RELAZIONE

La stagione lavorativa estiva lentamente sta volgendo al termine, anche se le belle giornate continuano ad invogliare appassionati a trascorrere tempo in montagna. Quindi il lavoro non manca, nonostante siamo già a metà settembre. 

Decido di prendermi una giornata di stacco, che poi stacco non è..alla fine i giorni che dedico “a me” sono sostanzialmente giorni verticali. Quindi “l’ufficio” resta sempre quello, la montagna!

Trovare qualcuno libero il lunedì, ed in generale giorni feriali, non è facile.. soprattutto perché non ho mai amato legarmi con chiunque capitasse.. per me è sempre stato più importante il rapporto di amicizia e rispetto piuttosto che la giornata da trascorrere scalando. Con gioia Simone mi dice di essere libero anche lui e dopo una telefonata decidiamo di andare a ficcare il naso su uno dei pochi itinerari che ancora non ho salito alle Spalle del Corno Piccolo, “Spleen et idéal”, sulla Seconda Spalla Ovest.

Alla fine di quella che è stata una giornata comunque intensa, ci ritroviamo io e Simone in cima alla Seconda Spalla soddisfatti e piacevolmente colpiti (in positivo) dalla qualità dell’itinerario. Visto che diverse relazioni cartacee consultate contengono pesanti inesattezze (ben due guide riportano uno spit che non esiste, per esempio..), decido di scriverne una aggiornata che possa essere di supporto a chi vorrà cimentarsi in una ripetizione.

Qui qualche considerazione che spero possa tornare utile. La via è molto bella ed è alla stregua di tante altre vie divenute delle classiche (come “Icosaedro” o “Zarathustra”): contiene un mix di stili di scalata assolutamente vario, dalla placca, al muro a buchi, alle fessure della parte alta. Quindi un bel test di arrampicata poliedrica. Il materiale presente in via è poco e questo probabilmente ha contribuito alle poche ripetizioni di cui ho notizia; a questo si aggiunge che quello presente è poco visibile (diversi chiodi e clessidre che non hanno cordino). Quindi non è facile orientarsi ed a volte si spera di aver preso la “strada giusta”; il tutto rende l’impegno mentale importante, se si considerano anche diversi run-out non evitabili. Ecco, se si ha voglia di mettersi alla prova su un terreno poco battuto, su roccia stupenda, questa può essere la via giusta.

A margine ritengo che una via bella ed impegnativa come questa meriterebbe un piccolo restauro conservativo; almeno andrebbero sostituiti i vecchi spit 8mm e ri-attrezzate le clessidre, molte delle quali attualmente risultano senza cordini e quindi poco visibili. Magari se questo articolo capitasse sotto gli occhi degli apritori potrebbe essere uno spunto per un contatto ed un confronto circa questa possibilità (io farei volentieri il lavoro).

Grazie a Simone per aver condiviso con me una giornata tutt’altro che malinconica!

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AGGIORNAMENTO 2024

Beh questa storia ha avuto un piacevole sviluppo e sono assai felice di poter scrivere qualche riga qui. Dopo la nostra ripetizione del settembre 2023 sono stato contattato da Marco Zitti, uno degli apritori. Marco si è subito detto entusiasta della possibilità di restaurare l’itinerario, dandomi carta bianca. Inoltre ha arricchito il nostro scambio di messaggi con piacevoli ricordi dell’apertura. Ma la stagione volgeva al termine ed ho aspettato quella dell’estate in corso (2024) per dare forma al progetto.

Fin dall’inizio l’idea è stata quella di fare un “semplice” lavoro di restauro, senza apportare modifiche al numero e al posizionamento delle protezioni fisse presenti (spit 8mm), col fine di conservare lo spirito con cui la salita è stata affrontata dagli apritori. Poi ho meditato sul materiale da usare e qui ho voglia di aprire una piccola parentesi, sperando di non annoiare.

La parentesi riguarda proprio i lavori di richiodatura, siano essi in quota o in falesia. La roccia non è infinita e non lo sono nemmeno le porzioni di roccia adatte ad ospitare la nuova protezione che sostituisce quella invecchiata. La longevità di un ancoraggio cresce di almeno 15-20 anni se si passa da un materiale zincato ad uno inox, ancora di più se di tipo 316L. Se si passa ad ancoraggi resinati in inox 316L tale longevità aumenta diventando il top. Il resinato evita anche tristi sorprese di trovare, ad esempio, una o più piastrine mancanti in itinerari in quota (per i più curiosi Michele Piolà, non uno sprovveduto, ha scritto diversi post sul tema..). Il concetto è che se richiodo con materiale scadente, tale lavoro durerà di meno e sarà presto necessario un nuovo lavoro.. ma alla fine la porzione di roccia per posizionare il nuovo ancoraggio correttamente si esaurisce. Ragioniamo non in ottica della nostra vita, ma anche in ottica delle future generazioni verso le quali dovremmo avere molto più rispetto di quanto ne abbiamo avuto finora. Morale della favola (una morale personale, ma sposata da gran parte della comunità di grandi apritori e chiodatori): se vogliamo fare un lavoro di ristrutturazione facciamolo bene, altrimenti è quasi meglio non farlo affatto.

Il vecchio e il nuovo..

E’ in questa ottica che ho impostato il lavoro su “Spleen”. I materiali utilizzati sono stati fittoni Climbing Technology di 12mm in acciaio inox 316L e resina epossidica pura. Questa scelta ha determinato una logistica ed una mole di lavoro ben superiore a quella necessaria se si fosse utilizzato un ancoraggio meccanico, ma credo che ne sia valsa decisamente la pena. Oltre alla sostituzione delle soste e degli spit con resinati, abbiamo anche reso più visibili i chiodi aggiungendo dei cordini e attrezzato con cordoni le clessidre in maniera che il tracciato fosse più intuibile. Il tutto ci ha impegnato per due giornate. Per i benpensanti “eh ma tanto ci portate i clienti” vorrei rispondere: a) ne avessimo di clienti che girano su quelle difficoltà b) 2 giornate guida moltiplicate per due persone fanno 1200 euro, 10 resinati costano almeno 60-70 euro, 30 euro per una cartuccia di resina epoxi, benzina ecc… ci si rende forse conto che una frase del genere non ha alcun senso.

Lavori in aperta parete

Siamo stati semplicemente felici e soddisfatti di aver dato nuovo splendore (mai termine fu più azzeccato) ad una via che merita e che ora può essere percorsa da tutti gli appassionati con qualche garanzia in più. L’impegno complessivo, ricordo, resta sempre da non sottovalutare perché non sono state aggiunte protezioni oltre quelle lasciate in apertura.

Spleen torna a splendere! Alessio sul passo chiave di L3

RINGRAZIMENTI

Il primo ringraziamento lo devo al mio fratellone e collega Alessio Nunziata che mi ha affiancato per due giorni in parete. Per un lavoro del genere è stato fondamentale poter fare affidamento su di lui che ha curato tutta la parte di salita da primo in entrambe le giornate e mi ha potuto far concentrare sul lavoro da svolgere in parete; è stato il mio angelo custode e per la sua sempre infinita disponibilità ogni ringraziamento è riduttivo. Il secondo ringraziamento lo devo a chi mi sostiene materialmente da anni, ovvero Campo Base Outdoor Roma e Climbing Technology. Il terzo ed ultimo va ai gestori degli impianti di Prati di Tivo (https://www.pdtx.it) che ci hanno prontamente sostenuto nella logistica delle due giornate.

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VAI ALLA RELAZIONE (PDF)

VAI ALLA NUOVA RELAZIONE (POST RESTYLING) NEW!

Ringrazio al solito Climbing Technology e Campo Base Outdoor Roma per il supporto.

“Senza tamburi, senza musica, sfilano funerali
a lungo, lentamente, nel mio cuore: la Speranza,
Vinta, piange, e l’Angoscia atroce, dispotica,
pianta, nel mio cranio riverso, il suo vessillo nero”

C. Baudelaire

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CAVALCARE LA TIGRE, GRAN SASSO, CORNO PICCOLO

IMPRESSIONI E RELAZIONE di UNA LUNGA CAVALCATA: CAVALCARE LA TIGRE

“A smooth sea never made a skilled sailor” recita un detto anglosassone… Oggi potremmo tradurlo con il ben conosciuto e forse abusato concetto della zona di confort. In cui molti sembrano restare, alcuni vorrebbero uscirne, altri lottano fermamente per venirne fuori.

Come tutti i tarli che si rispettano, “Cavalcare la tigre” alberga in tutti gli alpinisti che per un attimo hanno rivolto lo sguardo a quel pancione sulla Est del Corno Piccolo. Come feci io da ragazzo camminando lungo il sentiero che percorre il vallone delle Cornacchie e conduce al rifugio Franchetti. A quel tempo ero un semplice trekker ventenne; su quel pancione c’era una cordata, ma io – al di là dell’estetica ardita di quella linea – ero all’oscuro di tutto ciò che questa via rappresentava e rappresenta nell’immaginario dell’alpinismo del centro Italia (e non solo, visto che cordate si muovono dal nord Italia per ripeterla).

Ad inizio stagione arriva un messaggio dal giovane Gab, alias Gabriele Paolucci che mi proponeva di andarla a ripeterla. Con Gab ho condiviso diverse salite, alcune delle quali anche di impegno; sono stato subito felice quantomeno di aver trovato qualcuno nella cui testa albergava un po’ il desiderio di andare a mettere il naso da quelle parti. Incastrare i vari impegni di lavoro miei e di studio suoi non è stato facile, ma alla fine ci siamo riusciti, in una delle estati che verrà ricordata tra le più torride degli ultimi 20 anni.

Così nonostante il caldo – che per un attimo ci ha anche fatto prendere in considerazione di abbandonare il tentativo – abbiamo ripetuto questo pezzo di storia il 3/08/2017.

Che dire..alla fine di ogni avventura ti senti un po’ svuotato, paure e timori svaniscono e sembra che tutto torni nei contorni “normali”,  tutto rientri più meno in una salita di routine.

Felicissimi entrambi ci siamo abbracciati sulla cresta NE dopo l’ultimo tiro, nemmeno quello banale…assettati e stanchi ci siamo seduti ed abbiamo ammirato la montagna in tutta la sua serenità. Ho pensato per l’ennesima volta che quello è il carburante più importante per me, poter trascorrere ore e giorni in montagna, anche attimi di dubbio, di fatica, di difficoltà, ma alla fine tornare a riempire gli occhi con le sue innumerevoli sfaccettature.

In molti mi hanno chiesto “allora è una bella via?”…forse ancora ci sto riflettendo. Di certo mi sento dire che è una bella avventura ed è una bella sfida con le proprie paure, complice l’alone di “mito” che le circola attorno. Forse appunto la cosa più interessante – a posteriori – è stata quella di andare a sondare un po’ la propria “testa”, inteso come capacità di saper gestire dei fattori che possono rendere non scontato anche un tiro di 6b. Essere lì e fare in modo che i tuoi occhi vedano solo i pochi metri quadri di roccia da decifrare, entrare un po’ in quell’atmosfera “dissociata” che ti isola da tutto il resto. Sono i “viaggi” cha amo di più, quelli che mi regalano le gioie maggiori. La linea della via non sarà un granché e dal punto di vista della bellezza dei tiri esistono vie molto più omogenee; ma questi magari sono aspetti che possono passare in secondo piano per una volta se si sceglie di privilegiare altro. Resta di certo la bellezza e l’estrema ricercatezza del traverso e la fatica del tiro precedente.

Di seguito la mia relazione sulla via, sperando di fare cosa utile a chi voglia ripeterla. Ringrazio Gabriele Paolucci, giovane promessa e compagno di avventura, CLIMBING TECHNOLOGY per il sostegno alle mie attività, Laura per il sostegno “a distanza”.

 

RELAZIONE TECNICA 

Ripetizione del 3/08/2017 di R. Quaranta e G. Paolucci

GRAN SASSO, CORNO PICCOLO, PARETE EST

Via “CAVALCARE LA TIGRE”, P. Caruso, M. Marcheggiani, R. Caruso luglio e novembre 1982 

380 m, ED-, VII- obb., A2+ e circa 150 m di zoccolo basale.

cavalcare la tigre tracciato

ACCESSO

Dalla stazione superiore della seggiovia Prati di Tivo raggiungere per comodo sentiero il Passo delle Scalette, proseguire verso il Rif. Franchetti, sino a q. 2100 circa, prima che il sentiero vada ad aggirare sulla sx, un salto roccioso attrezzato con cavi metallici. Abbandonare quindi il sentiero e dirigersi con percorso libero tra massi e detriti verso la base della parete est del Corno Piccolo, puntando dove sorge la caratteristica Grotta delle Cornacchie, ben visibile già dal basso; raggiungerne quasi l’ingresso (30/40’ dalla Stazione Superiore della seggiovia, 60/70’ dal parcheggio auto di Cima Alta lungo il sentiero della cresta dell’ Arapietra).

ATTACCO

Attaccare lo zoccolo risalendo per un canale rampa erboso situato 15-20 a dx (fronte alla parete) della grotta delle cornacchie (passi di III alternati a erba ripida) per circa 60m. Al termine del canale consiglio di sostare (cordone vecchio) e proseguire a tiri di corda o conserva. Infatti si supera un breve tratto verticale di erba e roccia,  si prosegue brevemente a mezza costa (prato ripido) verso dx puntando ad una rampa erbosa che obliqua da sx verso dx. Sostare alla base di questa; superare un tratto roccioso III+, entrare nel canale erboso e percorrerlo fino dove termina, su una cengia comoda. Sosta su due chiodi poco visibili su una fessura orizzontale (30m circa). Da qui prima in leggera salita (qualche mugo da superare), poi in discesa ed infine nuovamente in salita, sempre per canali erbosi misti a roccia, si raggiunge la comoda cengia-pulpito e si sosta in comune con il termine del terzo tiro della via F.I.R.S.T. (50m). Si veda foto con la traccia e le soste.

L1, 40m, IV

Dalla sosta in comune con la F.I.R.S.T., si ignora il chiodo sulla verticale della stessa, ci si porta 4m a dx, si prende un evidente camino-canale obliquo da dx a sx. Lo si abbandona dopo circa 20m prendendo un diedro rampa sulla sx, raggiungendo dopo poco la comoda S1 (2ch).

L2, 35m, III+

Si prosegue per la rampa obliqua verso sx sino a un tratto facile di placche bianche con fessure erbose orizzontali; alla loro dx si erge un muro verticale grigio-giallo, alla cui base si sosta (chiodi), in corrispondenza di una cengia erbosa orizzontale.

L3, 45m, IV

Si traversa in orizzontale verso sx sulla stretta cengia erbosa, quindi sempre per cengia si scende un tratto arrampicando (delicato); si supera la sosta della via “Viaggiatore Incantato” percorrendo un comodo ballatoio (visibili corde fisse, spit, rinvii in parete) alla base del pancione monolitico, sostando poco prima che la fessura inizi a scendere (ch).

L4, 15m, V

Si prosegue il traverso in leggera discesa verso sx, poi in orizzontale superando un mugo dopo il quale si torna a scendere disarrampicando lungo una fessura (delicato, ch. e possibile friend) e raggiungendo la base del caratteristico diedro ad arco sotto cui si sosta (2 spit).

L5: 45m, VI+/VII-, A2+

Dalla sosta si traversa 2-3 m a sx, poi dritti ad affrontare il primo passo del tiro (VI, ch., e poi spit), portandosi alla base del diedro mediante una grossa scaglia di roccia non ottima. Affrontare il fondo del diedro proteggendosi con spit e chiodi, arrampicata atletica su fessura via via più stretta e difficile. Quasi a metà del tratto verticale inizia il tratto in artif. (A2+) che prosegue allorquando il diedro fa arco verso dx ed inizia a strapiombare decisamente. Qui è attualmente necessario integrare l’artif. con friend, fino ad un chiodo grigio Climbing Technology lasciato dal sottoscritto quasi al termine dell’arco. Da questo è possibile riprendere ad arrampicare in libera (VI+) uscendo con pochi metri dalla zona strapiombante. Proseguire verticalmente, superando una sosta, su due fessure in sequenza (ch. a “V” ballerino poco sopra la sosta, ribattuto ma non affidabile…, possibile integrare con friend, VI+/VII- sostenuto); con arrampicata più semplice (V) ma mai banale raggiungere la sosta in piena placca (2 spit).

L6, 25m, VI e passo di VII-

Con arrampicata delicata salire in leggero obliquo a uno spit (cordone lungo in posto non affidabile), poi ridiscendere in obliquo a sx ( VI delicato) e traversare in orizzontale sino a un micronut smartellato; tenerlo all’altezza delle mani, sfruttando il grosso buco in cui è inserito come appiglio. Traversare pressoché orizzontalmente per 2 m fin sotto alla verticale di una piccola rigola, fermandosi con il piede sx ad un’ottima tacca di roccia bianca. Da qui salire dritti a prendere la rigola descritta con la mano dx e con passo delicato (passo chiave del tiro) raggiungere l’evidente grosso buco ben visibile dal basso; proseguire e raggiungere un secondo grosso buco con chiodo all’interno. Da qui puntare ad un’evidente fessura che delimita la placconata sulla sinistra (tricam blu), raggiungendone la base (ch. e spit); risalire la fessura con piacevole arrampicata in dulfer e sostare al suo termine su un comodo pulpito (3 ch, di cui uno ballerino ed uno poco visibile perché spostato abbastanza a dx).

L7, 45m, V+

Spostarsi a sx della sosta per prendere la soprastante rampa obliqua da sx a dx (V), percorrerla fino ad un piccolo strapiombo da superare lungo una fessura (V+). Proseguire su una zona di belle placca a rigole poco proteggibili (V- e IV), prima verso dx, poi in obliquo verso sx, raggiungendo un’evidente fascia strapiombante, mirando all’unico punto debole della stessa, rappresentato da una fessura diagonale strapiombante. Sostare poco al di sotto di essa (2 ch.).

L8, 55m, VI

Salire la placca aggettante appena sopra la sosta e la fessura diagonale subito dopo (VI atletico; ho ignorato la fila di chiodi presenti in diagonale sulla placca 1 m più in basso), proseguendo per terreno facile e appoggiato, dapprima in obliquo a dx per 20m, poi in obliquo verso sx (a prendere la zona di placche) per altri circa 25m tra rocce facili, puntando alla base di un’evidente scaglia staccata sinuosa a forma di sega. Sosta alla base di quest’ultima, su massi incastrati (attenzione ad alcune lastre instabili)

L9, 30m, IV

Portarsi alla base della scaglia (ch.), salirla con estetica ma facile e poco proteggibile arrampicata esterna (cl.); proseguire, quando la scaglia termina, lungo la soprastante facile placca, giungendo alla base di una fessura strapiombante obliqua  da sx a dx. Sosta su ch.

L10, 40m, pass. VII- o A0, III

Attaccare la fessura obliqua e leggermente strapiombante (V), superarne la strozzatura con passo di boulder (ch. difficile da moschettonare per i bassi di statura, VII- o A0). Proseguire per un diedrino  da sx verso dx fino a raggiungere la cresta NE per facili roccette (III). Sosta su spuntone.

Discesa :
Tra le varie alternative consiglio di gran lunga  di scendere per la Cresta Nord-Est a piedi (II grado + 2 calate in doppia) fino alla Madonnina (arrivo della cabinovia), 1 h 15’ circa.

MATERIALE

N.D.A., mezze corde da 60m, almeno 12 rinvii (soprattutto se non si vuole spezzare L5), 2 staffe sia per il primo che per il secondo, set di friend dal n. 0.3 al n. 2 BD (utile anche il n. 3 solo per la fessura di L10), martello ed una scelta di 3-4 chiodi.

TEMPO: 6-8 ore solo per la via (discesa esclusa), 1 ora almeno per lo zoccolo.

Foto di Gabriele Paolucci e Riccardo Quaranta

RICCARDO QUARANTA

A. GUIDA ALPINA

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Concatenamento tre spalle Corno Piccolo, Gran Sasso

Panoramica della salita

“Libero di concatenare”, era il titolo di un libro di Franz Nicolini….collegare itinerari di vario stampo, creare percorsi “cucendo” insieme vari pezzi distinti.

L’idea di concatenare le tre Spalle del Corno Piccolo del Gran Sasso c’era da tempo, forse perché ripetere una via sola lascia sempre un qualcosa di incompiuto, scalarne due ti fa venire in testa il motto “non c’è due…” e quindi la soluzione è salirne tre. Certo non proprio una passeggiata di relax, ma una bella cavalcata in cui si arrampica per sviluppi prossimi ai 900 m, con vari trasferimenti da spalla a spalla. C’è la possibilità di scegliere tra tanti itinerari su ogni porzione della salita, dando alla gita il carattere che si desidera maggiormente.

Insieme a Gabriele, optiamo per un mix di salite di esplorazione e di salite che invece hanno scritto la storia dell’alpinismo sul Corno Piccolo. Alla Terza Spalla decidiamo per una via di Bruno Vitale, Paolo Bongianni, Bruno Moretti e Marco Zitti, dal nome poco rassicurante “Erbalife”, sulla parete SSO. Sento Bruno telefonicamente, gli dico dell’idea, e sempre con grande modestia mi dice, “beh Riccardo non è una via che consiglierei, è stata una via di esplorazione da prendere con quello spirito”. Per fortuna faccio la “tara” alle sue parole; mi stimola il fatto che sia comunque una linea un po’ da ricercare, dove il materiale in parete si limiterà a due chiodi e un vecchio cordone lungo tutta la via. Il Gab accetta di buon grado l’incipit, poi ci chiediamo cosa fare dopo. Nello scambio di idee salta fuori l’impresa compiuta da Luigi Mario e Fernando Di Filippo che nel 24 agosto del 1962 salirono sia la seconda che la prima spalla aprendo due itinerari di grande bellezza e audacia. Mancava solo il giorno giusto, con alta pressione e libero da impegni. Lo troviamo giovedì 21 luglio 2016, con una giornata che inizia con sveglia alle 4:00 per me – e ancora prima per Gab – e gambe in moto alle 5:00. A farci compagnia sulla Cresta dell’Arapietra una luna piena spettacolare, tanto piena da illuminarci il cammino.

La luna ci indica il cammino

La luna ci indica il cammino

Decidiamo infatti di raggiungere la Terza Spalla scendendo dal canale del Tesoro Nascosto, appena dopo l’inizio della ferrata Ventricini, soluzione consigliatami dal buon Bruno e di buon grado accettata. La discesa non presenta particolari difficoltà e in breve raggiungiamo l’attacco della via Erbalife.

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Guardando indietro, il mare

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La seconda Spalla

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Un camoscio ci guarda dall’alto del Canale del Tesoro Nascosto

Seguiamo con attenzione l’ottima relazione trovata qui, sapendo che non troveremo niente lungo l’itinerario ad indicarci la strada, ma già da subito la roccia ci appare molto meglio delle aspettative (o comunque di tante vie di pari livello più gettonate); questo ci conforta e ci carica durante tutta la salita.

"Erbalife" L1

“Erbalife” L1

"Erbalife" L3

“Erbalife” L3

Scegliamo la variante Moretti – Zitti (tiro chiave) e non ci pentiamo, arrampicata delicata su roccia da favola.

"Erbalife" L6, tiro chiave

“Erbalife” L6, tiro chiave

"Erbalife" L6

“Erbalife” L6

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Uscita sulla cresta della Terza Spalla

Presto siamo sulla cresta della Terza e di corsa torniamo all’attacco del Ventricini dove avevo lasciato un po’ di materiale e lo zaino. Via alla base della Mario – Di Filippo, il tempo di risistemare corde e materiale e siamo nuovamente sul pezzo.

Seconda Spalla, "Mario - Di Filippo" L1

Seconda Spalla, “Mario – Di Filippo” L1

Primo tiro di riscaldamento, secondo tiro e si capisce subito lo spessore della salita, con verticalità ed esposizione che non mollano per 40 m.

"Mario-Di Filippo" L2

“Mario-Di Filippo” L2

Terzo tiro, secondo me il capolavoro per quei tempi, che affronta un delicato traverso, “ponte incerto” tra la sicurezza di due fessure…stupore ed emozioni si mescolano, gioisco in fondo di essere lì.

Gab sullo splendido terzo tiro

Gab sullo splendido terzo tiro

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Lo stesso tiro visto dall’alto

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Arrivo in sosta

Poi via, si corre verso l’uscita attraverso difficoltà minori. Nuova stretta di mano sulla cima della Seconda Spalla e ancora scarpe da avvicinamento e via verso la Mario-Di Filippo alla sud della Prima Spalla. Questo versante è uno dei miei preferiti al Corno Piccolo, per le linee e la roccia che non scende mai a compromessi. Mi sento a casa e a mio agio, il cielo terso e la roccia calda. Andiamo Gab!

Prima Spalla, "Mario-Di Filippo", L2

Prima Spalla, “Mario-Di Filippo”, L2

Ambiente

Ambiente

Il copione si ripete, primo tiro di riscaldamento, secondo tiro su fessura quasi verticale dove bisogna essere decisi e, su alcuni passi, spolverare anche un po’ di Dülfer ignorante! La bellezza della roccia e dell’ambiente fanno passare tutto in secondo piano, anche il dolore ai piedi che inizia a farsi sentire…sentiamo che la cima si avvicina e ci concediamo qualche pausa ristoratrice. Dopo poco nuovo abbraccio in vetta alla Prima Spalla, siamo fuori (un po’ anche di testa penserebbe qualcuno..).

Cima della Prima Spalla, viaggio concluso!

Cima della Prima Spalla, viaggio concluso!

Guardiamo giù dove eravamo all’alba, soddisfatti e felici perché la montagna ci ha concesso di salire rendendo questa giornata indimenticabile. Lontano rumori di elicottero. Qualcuno ci ha lasciati, apprenderemo più tardi. Ma è sempre lei, che tanto dona e tanto prende.

Un grazie a Gabriele Paolucci, giovanissimo e talentuoso, compagno anche di questo viaggio.

Birrraaaaaaaaaaa!!!!!

Birrraaaaaaaaaaa!!!!!

Ringrazio per il supporto:

Climbing Technology

Petzl

Alta Quota (Isernia)

Campo Base (Roma)

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