Calanques climbing trip

CALANQUES CLIMBING TRIP

“I see a picture

By the lamp’s flicker

Isn’t it strange how

Dreams fade and shimmer”

Da “To France” – Mike Oldfield

Spesso la genesi dei miei viaggi di scalata è legata ad una foto: vedo un’immagine che mi colpisce, leggo la descrizione, mi informo e in molti casi decido di andare a vedere di persona. Ogni racconto, ogni figura, ogni video, dico sempre, non è che un surrogato dell’esperienza reale. Ed anche questo viaggio non fa eccezione. Sono rimasto affascinato da questa zona della Francia che ci ha regalato giornate stupende: quell’immagine che aveva attirato la mia attenzione, quella torta a tre strati, si è rivelata davvero un’attrazione da non mancare. Questo piccolo racconto, sotto forma di diario, vuole anche fornire delle indicazioni pratiche a chi volesse visitare il Parco Nazionale delle Calanques in ottica verticale.

Sabato 26 aprile 2025

Una sveglia antelucana, di quelle che da anni ho imparato ad odiare per bene, ma non so per quale strana ragione poi mi ritrovo sempre a “spegnere”… tipo le 3 di notte per affrontare 3 ore abbondanti di auto, mollarla al garage ed incontrarmi all’aereoporto di Fiumicino con Fabrizia “Nord” per il nostro volo, destinazione Nizza. Assonnati ci salutiamo ma siamo entrambi super felici di rivederci..l’ultima volta in realtà risale a Marzo, non troppo tempo addietro, per un altro splendido viaggio verticale in terra sarda.

Il trio francese!

A Nizza ci attende Fabrizia Sud, che in questo racconto (ma anche nella realtà) sarà “Fibra”. Ritiriamo l’auto a noleggio e via destinazione “Calanques”. Morale e meteo sono ottimi, il tempo in auto scorre veloce ed ecco che ci ritroviamo presto a “La Ciotat”, felice centro turistico sulla costa, non lontano dalla più famosa e blasonata “Cassis”. Fibra ha trovato un alloggio assai carino nel centro storico in zona porto. Siamo fortunati perché i parcheggi qui sono tutti a pagamento, ma fino al 2 maggio sono gratis; resta comunque un’impresa trovare un posto libero e questo sarà il rompicapo finale di ogni giornata del nostro viaggio! “La Ciotat” sembra una Napoli in miniatura: zone affollate e zeppe di locali si alternano a zone “interne”, vicoli sostanzialmente deserti dove non è difficile incrociare incarnazioni reali di “Remy”, il topolino protagonista del cartone “Ratatouille”, dalle dimensioni davvero ragguardevoli! Trascorriamo la sera a casa per un meritato riposo e attorno ad una buona cena decidiamo per la spettacolare scogliera di Cap Canaille che tanto aveva animato i miei sogni..

Domenica 27 aprile 2025

Usciamo di casa motivatissimi e da La Ciotat ci dirigiamo verso l’ingresso della Route des Crȇtes, una spettacolare strada che percorre tutto il ciglio della scogliera che divide La Ciotat da Cassis. Ma non avevamo calcolato che la domenica la strada è chiusa al traffico e arrivare al settore Ouvreur de bouse da questo lato, a piedi, è davvero troppo lungo. Quindi tramite una strada interna arriviamo a Cassis e da qui verso l’inizio della Route des Crȇtes; lasciamo l’auto in prossimità della sbarra e con 40’ circa di cammino sulla strada asfaltata raggiungiamo il bellissimo punto panoramico del settore “Ouvreur de bouse”. La via scelta è la stessa a dare il nome al settore.

DISCESA

Il punto di calata è abbastanza visibile in quanto c’è una corda fissa che dal sentiero conduce alla parte esposta dove è collocata la catena di calata. Con due doppie, una da 35m e l’altra da quasi 60m si è alla base della parete. Ci si sposta 20 metri a destra risalendo su una piccolo e comodo ripiano e si reperisce l’attacco della via.

Discesa per il settore “Ouvreur de bouse”

“Ouvreur de bouse”, 90m, D+, 6a max, 5c obb.

L1, 6a: tiro chiave con un passaggio atletico su strapiombo poi super godibile

L2, 3a: traverso orizzontale (non andare sopra dove si sviluppa un’altra via!) dalla sosta su una comoda cengia a raggiungere la sosta su due punti alla base di una rampa-diedro.

L3, 5a/b (var): percorrere la rampa diedro con andamento obliquo da dx verso sx

L4, 5c: bellissimo muro rosso

L5, 5c: come il precedente

Fibra sul penultimo tiro

Per rientrare alle auto decidiamo di percorrere un sentiero (e non la strada asfaltata) che ci permette di risparmiare un po’ di tempo e che sbocca a poche centinaia di metri dal parcheggio dove abbiamo lasciato l’auto.

A cena studiamo il piano per il giorno seguente e la scelta cade su una delle insenature più famose (“calnques” è infatti da tradurre con i termini “cala” o “insenatura” piuttosto che con “calanchi” che  in italiano hanno tutt’altro significato..): “En Vau”!

Lunedì 28 aprile 2025

“En Vau” è una delle cale più famose di questa zona e la sua fama devo dire è del tutto meritata. La raggiungiamo con un’ora e 1/2 di sentiero da Cassis e vi troviamo già di prima mattina 4-5 bagnanti che diventeranno 40-50 al nostro rientro. Spoiler: il blu che ho visto in questo luogo l’ho visto solo in alcuni luoghi della Sardegna, quindi per gli amanti del mare cristallino è una tappa da non mancare!

Calanque d’En Vau

Dalle 11:00 circa le pareti che bordano il lato destro della baia entrano in ombra e la nostra scelta cade su questo settore, più precisamente sulla via “Le Calendal”, itinerario sportivo di ridotto sviluppo ma su roccia spettacolare che ci consentirà di fare un giro sul plateau sommiate di Castelviell e studiare il rientro a piedi.

Ci avviciniamo alla via seguendo un traverso che parte a filo d’acqua per poi salire in un canalino (tutto ben tracciato) ed infine aggancia una cengia orizzontale. La percorriamo in conserva protetta dalle diverse protezioni fisse presenti nei punti più esposti, fino a giungere alla base della via che si riconosce, oltre che per un paio di ancoraggi fissi, ma perché si colloca all’inizio di una zona strapiombante rossastra, appena a sx di uno spigolo accennato. Evitiamo di calarci per salire il primo tiro che parte a pelo d’acqua, attaccando quindi dal secondo tiro (qui descritto come L1)

Topo della via “Le Calendal”

“Le Calendal” 130m, TD-, 6b max, 6a obb.

L1, 6b, 25m: partenza boulderosa, poi godibile ed uscita infine con altro passo di blocco, sosta comoda sulla sx.

L2, 6a, 40m: Bel tiro di placca su roccia molto lavorata, sosta a dx.

L3, 6a+, 40m: ci si sposta a dx della sosta (presente un’altra via che va però a sx), per placca, ci si porta sotto un bombamento (passo chiave, protezioni distanti) e poi in leggero obliquo verso sx (attenzione alla roccia non solidissima in uscita).

Fabri su L1

DISCESA

Reperiamo il sentiero che percorre il plateau e ci dirigiamo verso il margine nord-est dell’altopiano dove il sentiero si fa più marcato. Raggiungiamo un grande pino e appena al di sotto una sosta per una corda doppia di 20m che ci deposita poco distante dal “Trou du Canon”. In altri 10’ e siamo nuovamente a poca distanza dalla cala che nel frattempo si è riempita di bagnanti. Il rientro in salita sul sentiero assolato non è dei più piacevoli e quindi, nonostante non avessimo il “necessarie”, ci tuffiamo anche noi..l’acqua è decisamente fredda, ma è un toccasana per i piedi..e poi una trasparenza che davvero mi incanta! Ripeto, un angolo da non mancare assolutamente per la bellezza e l’unicità dell’ambiente circostante. Il lento rientro ci regala altri scorci spettacolari su queste insenature, fino ad approdare all’affollata piazzetta di Cassis per la birra di rito, accompagnata da un forte ed improvviso temporale!

Martedì 29 aprile

Fibra oggi non sarà con noi, quindi con la Fabri decidiamo di visitare il settore Grand Draioun a Cap Canaille e spingere un pelo sulla difficoltà. La parete è in ombra per tutta la mattina e la via “Rêve d’abricot” sembra essere una buona introduzione al settore; la via è totalmente attrezzata a fittoni resinati zincati sul primo tiro e a fix inox nella parte alta.

La geologia unica del settore..

Una nota va dedicata alla geologia di questo settore, come anche del seguente (“Il semaforo”): una successione verticale di 3 litologie che fa sembrare questa parete una torta a tre strati! Per me è la prima volta che scalo iniziando una via su calcare, passando poi all’arenaria e terminando su conglomerato: semplicemente pazzesco!

Parcheggiamo al settore “Belvedere”, rintracciamo il sentiero che dalla “Route des cretes” scende al di sotto delle pareti (ben tracciato), transitiamo sotto il settore “Belvedere” ma continuiamo per altri 10’ circa portandoci sotto la base del nostro settore, comoda e con le iniziali dei nomi alla base di gran parte degli itinerari, reperendo anche quelle della nostra.

“Rêve d’abricot” 170m, TD+, 6c+ max, 6b obb.

L1, 6a+, 35m: bel diedro e poi in traverso a sx con sosta in comune con una via a sx

L2, 6b, 30m: tiro bello su atletici passaggi su tetti ben appigliati, in leggero diagonale a sx per poi rientrare a dx.

L3, 6a, 15m: diedro

L4, 6b+, 30m: bella fessura su arenaria

L5, 6c+, 25m: tiro su conglomerato prima di placca, poi a prendere una costola e da questa traversare a dx (passaggio chiave di dita e di equilibrio..non facile da interpretare)

L6, 6a+, 35m: altro tiro su conglomerato, attenzione agli attriti!

L7, 5a, 25m: facile tiro di uscita, prima su zona appoggiata ed in ultimo più verticale.

Io su L4 di “Rêve d’abricot”

Spuntiamo sul margine della scogliera dove ci accoglie un bel sole e diversi escursionisti che percorrono il sentiero: siamo decisamente soddisfatti, una via spettacolare che consiglio a tutti come primo approccio al settore “tre strati” come l’ho ribattezzato io! Tuttavia è appena ora di pranzo e finire al bar a quest’ora sarebbe uno sbaglio non perdonabile, soprattutto per il buon funzionamento del fegato.. Provo a proporre una seconda via a Fabrizia che mi appoggia entusiasta: torniamo al settore “Ouvreur de bose” e questa volta saliamo la via più sostenuta del settore, “Bourreur de rousse”, ma la difficoltà massima resta 6a+. Insomma dovrebbe essere un piacevole defaticamento! Bene, forse non finirò mai di ringraziarmi in un certo senso per aver scelto questo itinerario: semplicemente stupendo..come ho scritto già sui social, non per forza difficoltà = bellezza, questa via dimostra quanto possa essere stupenda la scalata anche su gradi popolari! Il pezzo forte è di sicuro la penultima lunghezza che sembra disegnata da un esperto tracciatore che ha disposto in maniera magistrale appigli e appoggi su un muro rosso leggermente inclinato. Anche Fabri raggiungendomi in sosta esclama “un tiro stupendo, strepitoso!” e quindi capisco che non è solo la mia impressione!

“Bourreur de rousse” 130m, TD, 6a+ max, 6a obb.

L1, 6a+, 35m Attaccare un muro, si aggira un tetto a sinistra, poi un diedro ed un pilastro. Si traversa a sinistra e si sosta.

L2, 6a+, 30m Si sale un diedro, si obliqua a destra fino ad una comoda cengia dove si sosta.

L3, 4, 30m Si percorre la cengia a dx per una ventina di metri (protezioni presenti), poi si risale un diedrino un po’ friabile (il primo spit potrebbe essere poco visibile). Si sosta su cengia a sinistra della seconda calata di Ouvreur de mouse.

L4, 6a+, 30m Si risale uno splendido muro con arrampicata entusiasmante e in diagonale verso sx. Sosta poco visibile perché in piano, ma super comoda.

L5, 6a, 15m Ci si sposta a dx poi dritti puntando ad un tettino che si supera con spettacolare arrampicata atletica.

Io e Fabri sull’ultimo tiro della stupenda “Bourreur de rousse”

A sorpresa sul ciglio della parete, ci attende un pubblico di turisti armato di macchine fotografiche e cellulari.. sembra di essere in un teatro e alla fine scattano anche gli applausi!

Mercoledì 30 aprile

Anche oggi saremo soltanto io e Fabri a scalare, nei piani c’è di tornare alle Calanques ed andare sempre zona En vau, sulla via “La promesse des profoundeurs” (160m, TD, 6a+ obb.). Si torna sul calcare “classico” anche se dalle descrizioni questa via è molto varia. Soprattutto è disposta  su un versante decisamente a picco sul mare aperto e di sicuro non mancherà l’esposizione. Dato l’accesso dall’alto non è esattamente scontato ritrovare la calata (grande lavoro cibernauta di Fabri..) che si effettua sulla via “Les dents de la mer”, in prossimità di un grosso pino. La scritta della via di calata è tuttavia presente in rosso, anche se un po’ sbiadito. Ci sono zaini sul ciglio, segno che qualcuno è già sceso. Caliamo con un blu assurdo alle spalle, ma cerchiamo di essere veloci perché il caldo si fa già sentire.

Doppie nel blu su “Les dents de la mer”

La penultima doppia ci deposita in un grosso antro-grotta e troviamo in sosta il gruppetto che ci ha preceduto che sta effettuando l’ultima calata per arrivare a pelo d’acqua e poi risalire. Guardo Fabri e ci intendiamo “ripartiamo da qui per non avere loro come tappo” e devo dire che la scelta si mostrerà azzeccata. Questo secondo tiro parte su roccia un po’ sabbiosa poi passa dietro un pilastro e traversando orizzontalmente si riporta all’esterno. Un tiro facile ci deposita alla base di una grotta con la volta altissima. Quello che la percorre è un tiro spettacolare in cui si arrampica davvero in 3 dimensioni, tanto è che più di una volta devo capire dove sono gli spit per capire in che direzione muovermi: davvero spettacolare!

Il tiro successivo riporta di nuovo “alla luce” con un passo più difficile in un un diedro-fessura e poi placca mai banale. L’ultima lunghezza è una placca da sogno che rappresenta la giusta conclusione di questo itinerario così caratteristico. Come nota, a parte un po’ di difficoltà nel reperire la calata, i lati positivi sono rappresentati dal fatto che resta sostanzialmente in ombra tutta la mattinata a causa della morfologia della roccia e del fatto che è un itinerario assai vario. L’ambiente circostante è di assoluta bellezza.

Giovedì 1 maggio

E’ la festa del lavoro e anche Fibra si unisce a noi! Ancora non ha visto il settore “torta a tre strati”, quindi decido di percorrere la via classica del settore “Belvedere” che si chiama “Le vojage du crabe”. L’itinerario è caratterizzato da un lungo traverso a circa metà parete. Proprio lungo questo traverso bisogna fare attenzione a non tenersi perfettamente orizzontali ma scendere dopo la prima protezione ed agganciare una cengia sottostante. Purtroppo io ho continuato in orizzontale sostando in un ampia grotta.

In uscita dal lungo traverso

Da questa con due tiri si è fuori dalle difficoltà. Con altra arrampicata facile in cresta, una doppia, un trasferimento sulla parete opposta e un altro tiro si esce sul ciglio della scogliera. Dovrò tornarci per percorrere i tiri terminali originali e questa è pur sempre un’ottima scusa!

Venerdì 2 maggio

Ultimo giorno di scalata, la sera ci attende il volo di rientro a Fiumicino. Torniamo ad essere solo io e Fabri…la “torta” ci ha stregati e grazie anche al veloce avvicinamento, torneremo al Belvedere per salire la spettacolare “La loi du chaos” che si rivelerà essere una perla con tiri spettacolari. Averla salita tutta a vista mi ha riempito anche di felicità rendendo il tutto ancora più incantevole. Fabri è super soddisfatta e si gode tiro dopo tiro il susseguirsi geologico, esplodendo di gioia quando arriva ai tiri di conglomerato.

Sulla superlativa L4 di “La loi du chaos”

Sulla superlativa L4 di “La loi du chaos”

 

“La loi du chaos” 170m, TD+ 7a max, 6b obb.

L1, 6a Salire in obliquo verso destra (attenzione agli attriti) fino alla base di un diedro con corde fisse (usate per accedere alla grotta del Draioun)

L2, 5b Seguire le corde fisse, salendo il diedro poi traversare a destra fino alla sosta.

L3, 6a+ Salire dritti attraverso per una serie di strati, scalare un camino e poi leggermente verso sinistra sostare su buona cengia.

L4, 6c Partire un po’ a destra attaccando muro di conglomerato, traversare obliquamente a sinistra e attaccare una fessura stupenda di sapore giordano!

L5, 7a Leggermente a sx della sosta, poi dritti ed infine a descrivere un arco verso sx. Tiro spettacolare, anche qui attenzione agli attriti.

L6, 6b Tiro lungo ed assai piacevole su conglomerato, gestire gli attriti.

L7, 6c+ Prima sezione facile su conglomerato, si raggiunge una colata calcarea (bianca), infine si supera un tetto con passo atletico (a dx dello spit).

Fabri sulla L5 di “La loi du chaos”

Rientriamo a “La Ciotat”, raggiungiamo Fibra per un gelato in centro (gelatiere di origine italiana, prodotto super, così Fabri può recuperare dalle delusioni “gelatose” dei giorni precedenti..). E’ tempo di riprendere la strada per Nizza dove ci attende l’aereo per il rientro. Durante il volo siamo assorti immagino ognuno in quelli che sono già i ricordi di questa spettacolare esperienza. Sento che quelle coste mi hanno lasciato un segno indelebile ed io torno sempre dove c’è qualcosa che mi ha segnato..*

Grazie alle mie compagne di viaggio per le giornate uniche trascorse insieme.

Riccardo

*Se questo racconto ti ha incuriosito e ti andasse di vivere questi luoghi, dal 27  aprile al 3 maggio 2026 organizzo un climbing trip proprio in Calanques!

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“Quaranta giorni all’Alba” – Timpa di Porace, Parco del Pollino

TIMPA DI PORACE 1423 m – PARETE SO

 “Quaranta giorni all’Alba” 

Corrado prima del traverso di L2 (2024)

 

Il tempo vola e non ce ne accorgiamo, questo è il problema. Quando lo facciamo è tardi e non resta che il rimpianto. Quando ho interrogato con il classico “cerca” il mio hard disk ed è uscita la cartella con il nome “40_giorni_alba” (in classica sintesi informatica..) sono andato a vedere l’anno in cui era collocata..e quando ho letto “2015” quasi non ci volevo credere. “Sì sono trascorsi nove anni Riccà e la tua barba era ancora tutta nera..” mi sono risposto; sono rimasto quasi sconvolto, lo ammetto o semplicemente ho accusato il colpo. Quale? Di questa ruota inesorabile che gira e si chiama tempo e con essa le persone che incrociamo nelle nostre vite, i luoghi con cui entriamo in contatto, che diventano sempre parte del mio animo. Questi del racconto sono posti di una bellezza struggente che non possono non lasciare traccia negli animi sensibili. 

Timpa di Porace è uno dei luoghi dove si è sviluppato l’alpinismo in terra calabrese, meritandosi giustamente fama di luogo degno da visitare. Fosse anche per una semplice passeggiata non potrà non incantare. Così è stato per me quando le prime volte ho iniziato a ripetere le diverse vie di roccia presenti sulle sue pareti. Sia il lavoro che la semplice passione mi hanno portato in contatto con Luca, con il quale ho condiviso tante giornate di libertà ad esplorare e percorrere angoli sempre suggestivi. E’ stato proprio in occasione di una mia trasferta di lavoro che gli proposi di andare ad aprire una via proprio a Porace.. lui fu subito entusiasta e mi suggerì l’estremo margine destro della parete SO come possibile teatro d’azione. 

In quella splendida giornata di novembre del 2015 vivemmo le belle emozioni che si provano quando si salgono terreni vergini, con tutti i dubbi e le incognite che le aperture comportano ma che al contempo rappresentano anche il carburante per la nostra passione. Tutto andò bene e rimanemmo soddisfatti della linea tranne che del primo tiro, dove io scelsi una linea di fessure con roccia rotta e dall’arrampicata non entusiasmante. Quindi ci promettemmo di tornare insieme per cercare una linea che fosse più all’altezza del prosieguo, magari da aprire in occasione della prima ripetizione. 

Beh il primo a stentare a crederci sono stato proprio io quando ho scoperto che sarebbero dovuti trascorrere 9 anni per “rifinire” il lavoro. L’occasione si è presentata grazie a un giro lavorativo al sud ma anche la voglia di chiudere quel progetto è tornata a bussare alla mia porta. Questa volta accanto a me c’è Corrado che ha accettato di accompagnarmi anche sapendo che non sarebbe stata proprio una passeggiata. Luca, oggi marito e papà, non è potuto essere dei nostri, ma mi è stato accanto metaforicamente durante tutta la giornata. Il cerchio si è finalmente chiuso e sono contento di averlo fatto con due persone care per me. 

Spero questo piccolo itinerario possa aggiungersi ai tanti che meritano una visita in questo luogo. Di sicuro ha reso felici due giornate vissute all’insegna della libertà e della sana passione!

Riccardo Quaranta – Guida Alpina UIAGM

Grazie a Campo Base Outdoor RomaParbat Design per il supporto

Tracciato della via “Quaranta giorni all’alba” Timpa di Porace (CS)

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“Hysteria” nuova multipitch alla Rocca di Oratino, Campobasso

A volte le necessità arrivano prima delle realizzazioni. Cosa significa? Significa che in certi periodi della vita di chi si dedica a pareti e montagne, come me, arrivano esigenze, volontà che devono essere soddisfatte. In questo caso si tratta della voglia di trascorrere giornate da solo, aprendo sulla parete di casa, in autoassicurazione dal basso. Ecco, l’esigenza di ri-confrontarmi con me stesso e solo con me, può essere la molla che mi ha spinto nella genesi di “Hysteria”. La stessa voglia di solitudine e di confronto con me stesso è rimasta quando ho deciso di fare la prima ripetizione della via e di farla da solo e di cercare di realizzarla in libera. Ecco quindi che tutto deve essere allineato: volontà, allenamento, tecnica, tempo (sia metereologico che cronologico). Mi sento pronto e mi piace l’idea di una prima RP auto-assicurata. Tutto per fortuna fila liscio e la Rocca mi regala un ennesimo tramonto, di quelli frizzanti ma pieni di rosso. Riesco anche nella libera e questo mi fa gioire perché è uno stile più difficile che andare in due. E mi riesce al primo giro.

“Hysteria” è un omaggio ai Def Leppard ma anche ai miei umori sempre altalenanti. E’ una sfida ad una parete rossastra, ad una serie di pance che si susseguono a tentare di sbarrare la strada ai ficcanaso come me, agli astronauti verticali che immaginano, dietro ogni tiro, il “viaggio” della propria vita verticale.

Buone scalate e buona vita!

P.S. grazie a chi mi sostiene da sempre: Climbing Technology & Campo Base Outdoor Roma

Riccardo Quaranta

Parete ovest rocca oratino con il tracciato della via “Hysteria”

Scarica la relazione di “Hysteria”

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“SPLEEN ET IDÉAL” – CORNO PICCOLO, SECONDA SPALLA – RELAZIONE

La stagione lavorativa estiva lentamente sta volgendo al termine, anche se le belle giornate continuano ad invogliare appassionati a trascorrere tempo in montagna. Quindi il lavoro non manca, nonostante siamo già a metà settembre. 

Decido di prendermi una giornata di stacco, che poi stacco non è..alla fine i giorni che dedico “a me” sono sostanzialmente giorni verticali. Quindi “l’ufficio” resta sempre quello, la montagna!

Trovare qualcuno libero il lunedì, ed in generale giorni feriali, non è facile.. soprattutto perché non ho mai amato legarmi con chiunque capitasse.. per me è sempre stato più importante il rapporto di amicizia e rispetto piuttosto che la giornata da trascorrere scalando. Con gioia Simone mi dice di essere libero anche lui e dopo una telefonata decidiamo di andare a ficcare il naso su uno dei pochi itinerari che ancora non ho salito alle Spalle del Corno Piccolo, “Spleen et idéal”, sulla Seconda Spalla Ovest.

Alla fine di quella che è stata una giornata comunque intensa, ci ritroviamo io e Simone in cima alla Seconda Spalla soddisfatti e piacevolmente colpiti (in positivo) dalla qualità dell’itinerario. Visto che diverse relazioni cartacee consultate contengono pesanti inesattezze (ben due guide riportano uno spit che non esiste, per esempio..), decido di scriverne una aggiornata che possa essere di supporto a chi vorrà cimentarsi in una ripetizione.

Qui qualche considerazione che spero possa tornare utile. La via è molto bella ed è alla stregua di tante altre vie divenute delle classiche (come “Icosaedro” o “Zarathustra”): contiene un mix di stili di scalata assolutamente vario, dalla placca, al muro a buchi, alle fessure della parte alta. Quindi un bel test di arrampicata poliedrica. Il materiale presente in via è poco e questo probabilmente ha contribuito alle poche ripetizioni di cui ho notizia; a questo si aggiunge che quello presente è poco visibile (diversi chiodi e clessidre che non hanno cordino). Quindi non è facile orientarsi ed a volte si spera di aver preso la “strada giusta”; il tutto rende l’impegno mentale importante, se si considerano anche diversi run-out non evitabili. Ecco, se si ha voglia di mettersi alla prova su un terreno poco battuto, su roccia stupenda, questa può essere la via giusta.

A margine ritengo che una via bella ed impegnativa come questa meriterebbe un piccolo restauro conservativo; almeno andrebbero sostituiti i vecchi spit 8mm e ri-attrezzate le clessidre, molte delle quali attualmente risultano senza cordini e quindi poco visibili. Magari se questo articolo capitasse sotto gli occhi degli apritori potrebbe essere uno spunto per un contatto ed un confronto circa questa possibilità (io farei volentieri il lavoro).

Grazie a Simone per aver condiviso con me una giornata tutt’altro che malinconica!

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AGGIORNAMENTO 2024

Beh questa storia ha avuto un piacevole sviluppo e sono assai felice di poter scrivere qualche riga qui. Dopo la nostra ripetizione del settembre 2023 sono stato contattato da Marco Zitti, uno degli apritori. Marco si è subito detto entusiasta della possibilità di restaurare l’itinerario, dandomi carta bianca. Inoltre ha arricchito il nostro scambio di messaggi con piacevoli ricordi dell’apertura. Ma la stagione volgeva al termine ed ho aspettato quella dell’estate in corso (2024) per dare forma al progetto.

Fin dall’inizio l’idea è stata quella di fare un “semplice” lavoro di restauro, senza apportare modifiche al numero e al posizionamento delle protezioni fisse presenti (spit 8mm), col fine di conservare lo spirito con cui la salita è stata affrontata dagli apritori. Poi ho meditato sul materiale da usare e qui ho voglia di aprire una piccola parentesi, sperando di non annoiare.

La parentesi riguarda proprio i lavori di richiodatura, siano essi in quota o in falesia. La roccia non è infinita e non lo sono nemmeno le porzioni di roccia adatte ad ospitare la nuova protezione che sostituisce quella invecchiata. La longevità di un ancoraggio cresce di almeno 15-20 anni se si passa da un materiale zincato ad uno inox, ancora di più se di tipo 316L. Se si passa ad ancoraggi resinati in inox 316L tale longevità aumenta diventando il top. Il resinato evita anche tristi sorprese di trovare, ad esempio, una o più piastrine mancanti in itinerari in quota (per i più curiosi Michele Piolà, non uno sprovveduto, ha scritto diversi post sul tema..). Il concetto è che se richiodo con materiale scadente, tale lavoro durerà di meno e sarà presto necessario un nuovo lavoro.. ma alla fine la porzione di roccia per posizionare il nuovo ancoraggio correttamente si esaurisce. Ragioniamo non in ottica della nostra vita, ma anche in ottica delle future generazioni verso le quali dovremmo avere molto più rispetto di quanto ne abbiamo avuto finora. Morale della favola (una morale personale, ma sposata da gran parte della comunità di grandi apritori e chiodatori): se vogliamo fare un lavoro di ristrutturazione facciamolo bene, altrimenti è quasi meglio non farlo affatto.

Il vecchio e il nuovo..

E’ in questa ottica che ho impostato il lavoro su “Spleen”. I materiali utilizzati sono stati fittoni Climbing Technology di 12mm in acciaio inox 316L e resina epossidica pura. Questa scelta ha determinato una logistica ed una mole di lavoro ben superiore a quella necessaria se si fosse utilizzato un ancoraggio meccanico, ma credo che ne sia valsa decisamente la pena. Oltre alla sostituzione delle soste e degli spit con resinati, abbiamo anche reso più visibili i chiodi aggiungendo dei cordini e attrezzato con cordoni le clessidre in maniera che il tracciato fosse più intuibile. Il tutto ci ha impegnato per due giornate. Per i benpensanti “eh ma tanto ci portate i clienti” vorrei rispondere: a) ne avessimo di clienti che girano su quelle difficoltà b) 2 giornate guida moltiplicate per due persone fanno 1200 euro, 10 resinati costano almeno 60-70 euro, 30 euro per una cartuccia di resina epoxi, benzina ecc… ci si rende forse conto che una frase del genere non ha alcun senso.

Lavori in aperta parete

Siamo stati semplicemente felici e soddisfatti di aver dato nuovo splendore (mai termine fu più azzeccato) ad una via che merita e che ora può essere percorsa da tutti gli appassionati con qualche garanzia in più. L’impegno complessivo, ricordo, resta sempre da non sottovalutare perché non sono state aggiunte protezioni oltre quelle lasciate in apertura.

Spleen torna a splendere! Alessio sul passo chiave di L3

RINGRAZIMENTI

Il primo ringraziamento lo devo al mio fratellone e collega Alessio Nunziata che mi ha affiancato per due giorni in parete. Per un lavoro del genere è stato fondamentale poter fare affidamento su di lui che ha curato tutta la parte di salita da primo in entrambe le giornate e mi ha potuto far concentrare sul lavoro da svolgere in parete; è stato il mio angelo custode e per la sua sempre infinita disponibilità ogni ringraziamento è riduttivo. Il secondo ringraziamento lo devo a chi mi sostiene materialmente da anni, ovvero Campo Base Outdoor Roma e Climbing Technology. Il terzo ed ultimo va ai gestori degli impianti di Prati di Tivo (https://www.pdtx.it) che ci hanno prontamente sostenuto nella logistica delle due giornate.

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Ringrazio al solito Climbing Technology e Campo Base Outdoor Roma per il supporto.

“Senza tamburi, senza musica, sfilano funerali
a lungo, lentamente, nel mio cuore: la Speranza,
Vinta, piange, e l’Angoscia atroce, dispotica,
pianta, nel mio cranio riverso, il suo vessillo nero”

C. Baudelaire

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Falesia trad “Km 37”, Crognaleto (Teramo)

“La apro o non la apro?” “Vale o non vale la pena?” “E se è tutto lavoro perso?” Queste le domande che mi hanno accompagnato durante la mia passeggiata sotto quella che è diventata la prima falesia trad su arenaria in Abruzzo. Non mi interessa tanto il “prima.. o primo a fare..”, perché oggi sembra che bisogna sempre essere primi in qualcosa. Quello che mi interessa di più è creare qualcosa di interessante, per me e per gli altri. Magari qualcosa che non sia così scontato e che abbia insito un aspetto di novità che lo renda accattivante. 

Leonardo su “Houston..abbiamo un problema” 6c trad

La falesia “Km 37” miscela arenaria e scalata trad, questo già credo sia sufficiente per dare quel tocco di particolarità che possa stuzzicare le menti più curiose. Ci troviamo in una delle zone più affascinanti della montagna teramana, la Val Vomano. Durante una delle mie passeggiate alla ricerca di un luogo dove poter praticare del trad mi sono imbattuto in questa fascia rocciosa, a dire il vero anche abbastanza lunga ma anche bassa. Lo sviluppo verticale non supera i 10 m e da questo i miei dubbi. Alla fine ho rotto l’indecisione ed affiancato da Simone “Zeta” Saccomandi, in una giornata incerta in quota, abbiamo aperto le prime quattro linee.

Simone “Z” in apertura su “Misto lana”

Intanto avanzava già l’autunno e la valle mi ha accolto con colori sempre più incantevoli: le giornate trascorse spesso da solo a pulire le linee sono state sempre giornate immerse in un’atmosfera stupenda ed appartata. Anche se la strada SS80 del Gran Sasso scorre a due passi dal sito che è però del tutto isolato da questa. 

I primi nomi..

Al termine dei lavori ne sono uscite fuori 12 linee di trad o clean climbing (ci sono solo le soste attrezzate) dal 5a al 7a dove, a dispetto dello sviluppo, la scalata non è mai banale; le fessure sono spesso nette ed offrono ottimi piazzamenti per i friend.

Leonardo su “Seasons end” 6c trad

Insomma credo (e crediamo insieme a chi mi ha affiancato) che possa essere un buon luogo per trascorrere giornate fuori dai soliti schemi, in ambiente top e con un avvicinamento davvero ridicolo (circa un minuto). Per i dettagli si rimanda alla scheda tecnica.

La stupenda fessura aggettante di “Phantom of the opera” 7a trad

km 37 trad

Leonardo su “Seasons end” 6c trad

Ringraziamenti

Un grande grazie va a Simone “Zeta” Saccomandi ed Alessio Nunziata per avermi affiancato in un paio di splendide giornate; grazie a Matteo e Leonardo con cui ho salito tutti i tiri, trascorrendo altrettante giornate epiche. Infine, visto che lavoro e materiale sono stati totalmente autofinanziati da me, grazie ancora a chi crede da anni nel mio lavoro e, soprattutto, nella mia passione: Climbing Technology e Campo Base Outdoor Roma.

Riccardo Quaranta Guida Alpina

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VAI ALLA SCHEDA TECNICA

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Stage di arrampicata in Sardegna – Ottobre 2022

Settembre ed ottobre sono senza dubbio tra i mesi migliori per visitare e scalare in Sardegna. Così anche quest’anno torna l’appuntamento con una settimana dedicata alla roccia, al mare, al cielo della costa occidentale sarda. Puoi consultare il programma cliccando qui

Qui un breve video amatoriale con immagini del viaggio del 2021…

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“WILD CHILD” Nuova via alla Rocca di Oratino

“Wild Child” è la seconda via della trilogia iniziata con “Moonchild” alla Rocca di Oratino, saga dedicata a tutti gli scalatori che in fondo si sentono ancora dei ragazzi (per la terza bisognerà aspettare l’autunno..)

Correva l’aprile del 2020 e magari qualcuno ricorda che l’Italia era sotto l’assedio del virus più famoso, credo di non  sbagliare, della storia moderna. Periodo quindi di lock-down, tutti a casa e non sia mai a farsi trovare in strada a correre o a raccogliere asparagi nei boschi. Verbale subito e dritti a casa. Beh, oggi forse sorridiamo, ma in quei giorni probabilmente un po’ meno… il clima non era certo dei migliori. Che poi io pensavo, da amante in generale delle attività outdoor, “ma non sarebbe meglio dire invece che tutti a casa, tutti fuori, basta che non siate a casa?”. Perché era anche il tempo in cui sotto un’abitazione di 50 mq vedevo anche 5-6 automobili..alla faccia del divieto di assembramenti!! 

Forte e convinto di questa mia idea decisi che quel chiodo in lontananza che avevo visto aprendo “Moonchild” dovevo andarlo a prendere, sicuramente era una via storica, aperta negli anni 80’ dal gruppo del soccorso alpino della Guardia di Finanza. Quindi mi armai di tutto e da solo, in auto-sicura raggiunsi quella che era solo una piantina tremendamente simile ad un chiodo da roccia. A quel punto, mi dissi “che fai, non prosegui la via?” La risposta è nella relazione che trovate allegata a queste quattro chiacchiere. Tornai il giorno seguente e nacque “Wild Child”, omaggio ai W.A.S.P. che mi hanno tenuto compagnia nelle cuffie durante il sali scendi della salita auto-assicurata. 

La via è stata aperta in libera, adoperando chiodi o protezioni mobili per appendersi e piantare i fix. Sono servite un paio di giornate di pulizia per rendere la via scalabile con piacere, non tanto per la roccia (che è sempre da buona ad ottima) ma per i cuscini di muschio-terra presenti su alcuni tratti. E’ caratterizzata vari stili di scalata, dalla placca, ai diedri alle fessure.. insomma non ci si annoia mai e si sale sempre su difficoltà contenute. E’ comunque un itinerario da integrare e richiede quindi buona padronanza delle tecniche alpinistiche. Si sviluppa quasi totalmente sul versante N, quindi è praticabile anche in estate.  

Un altro tassello nell’offerta di divertimento e scalata nell’area del borgo di Oratino, che spero possa raccogliere il favore dei ripetitori. 

Riccardo Quaranta – Guida Alpina

Grazie a Climbing Technology ed a Campo Base Outdoor Roma per il supporto!

 

“WILD CHILD”  Parete NE Rocca di Oratino, Oratino (CB)

85 m circa, 6a max, 6a obb. , RS1, I

Aperta in libera auto-assicurato dal basso da Riccardo Quaranta il 30/4/2020. Prima RP R. Quaranta e Fabio Madonna il 8/6/2022.

ACCESSO

Come per la falesia “La Rocca”

AVVICINAMENTO 

Si costeggiano degli scavi archeologici, tralasciando il sentiero che sale  alla torre, poi per ampia mulattiera in discesa si perviene ad un casolare in pietra. Si prende una traccia di sentiero alle sue spalle, traccia che costeggia la parete E della “morgia”. In leggera discesa si perviene all’ampia parete N dove ci sono una serie di vie sportive monotiro (falesia “La Rocca”). Si percorre la base di tale settore raggiungendo il suo estremo margine dx. Prima degli ultimi due tiri sportivi c’è l’attacco della via, in comune con “Moonchild”.   

L1, 40m, 5c

Si attacca un’ampia fessura, si supera un tratto leggermente strapiombante (fix), accedendo ad una cengia un po’ terrosa. Si punta verso sx ad una rampa obliqua sormontata da uno strapiombo (ch), ancora in obliquo ad un grande masso (da non usare!). Si prosegue su placca verso sx (ch) poi ad un fix ancora a sx ed infine dritti per poi tornare a dx (vari fix). Si sosta su fix e clessidra. Attenzione agli attriti!

L2, 28m, 6a

Dalla S1 a dx quasi in orizzontale si affronta un passaggio delicato, si prende un piccolo diedro rampa (cl) leggermente verso sx, giungendo sotto un piccolo tetto (fix) Lo si raggiunge e si traversa a dx (friend) verso il bordo. Si continua lungo la rampa ascendente a dx (vari fix non vicinissimi) finché non muore sotto un piccolo sgrottamento. Da qui dritti nel diedrino soprastante (fix) ad una facile placca, ancora dritti in direzione di una zona di diedri strapiombanti. Sosta su singolo fix da 12mm.

L3, 15m, 5b

Dalla S2 brevemente in placca e poi ad attaccare una bella fessura obliqua da sx a dx (friend), sulla porzione superiore di un tettino. La si segue verso dx (esposto ma facile) fino allo spigolo ed infine dritti per via intuitiva fino in cima. Sosta su spuntone da attrezzare. 

DISCESA

A piedi. Si percorre la cresta verso S, passaggi di II e III, fino alla torre medioevale (15’), da questa con breve sentiero (5’) nuovamente al parcheggio.

MATERIALE

n.d.a., serie di friend dallo 0.3 al 3 misure BD, scelta di dadi medi, 10 rinvii, fettucce e cordini per ridurre gli attriti.

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VIA “RADIO A GALENA” – PAN di ZUCCHERO – MASUA

Ci sono dei posti che non bisogna mancare: questo è uno di quelli.

Il breve video amatoriale descrive la nostra salita della via “Radio a Galena” sullo scoglio del Pan di Zucchero, piccolo isolotto posto davanti alla scogliera di Porto Flavia, Masua. Siamo nella costa sud-occidentale della Sardegna.

L’avvicinamento in barca, il fascino della piccola isola, la roccia perfetta, le difficoltà contenute, l’ambiente mozzafiato con vista su mare cristallino, la piccola e panoramica ferrata.. questi gli elementi che faranno parlare sempre di più di questa “gita”.

Per l’avvicinamento in gommone ci sono diversi operatori; io ho avuto il piacere di conoscere Matteo del Warung Beach Club che si è mostrato super disponibile, professionale e cordiale; è inoltre abituato a trasportare scalatori sull’isola, quindi siete in buone mani!

Qualche consiglio: attaccare la via dal mare oltre che non essere difficile aggiunge un pizzico di avventura in più (3-4 m di arrampicata in libera per arrivare alla S0, II/III max.). La via è al sole per gran parte della giornata…valutare temperatura e condizioni. Attrezzata a fittoni resinati in acciaio marino, non presenta particolari difficoltà obbligatorie. La roccia è sempre ottima. Sufficiente una corda da 50-60m e 10 rinvii. Dal termine della via in10′ di sentiero si è all’uscita del percorso ferrato; lo si imbocca e in 15′ si è nuovamente a livello del mare.

Buon divertimento e buona visione!

Riccardo Quaranta – Guida Alpina

 

 

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SPERONE FRANCHETTI – GRAN SASSO: nuova falesia di arrampicata

Quella della falesia dello “Sperone Franchetti” è una storia che inizia un po’ di tempo fa. Da anni transitavo spesso per lavoro al Rifugio Franchetti e altrettanto spesso mi capitava di commentare con clienti ed amici quanto sarebbe stato bello poter scalare lo sperone su cui l’edificio è posto. Un po’ sulla falsa riga dei tanti rifugi dell’arco alpino che hanno falesie o vie davvero a due passi. 

Immaginavo potersi svegliare la mattina, fare colazione e catapultarsi a scalare a due passi, immersi in un ambiente che non ha bisogno di presentazioni, una cornice divenuta iconica per tutto l’Appennino, dove è possibile contestualmente osservare il mare e cime che sfiorano i 3000 m. 

Finalmente questa idea è stata realizzata e dal cassetto si è trasferita sulla roccia. Il percorso non è stato rapido, tantomeno scontato. Incuriosito dalla mia idea, prima di tutto, ho avuto l’appoggio del presidente dell’ASD Respira Il Gran Sasso, Antonio Scipioni. Collaboro ormai da anni con tale realtà che si rivolge ai professionisti della montagna per divulgare la sua frequentazione attraverso corsi ed uscite. Ricordo le parole di Antonio che mi disse, sempre con il suo fare estremamente operativo e pragmatico “Ricca’ se te serve ‘na mano partecipiamo volentieri al progetto”. Aprire vie di stampo sportivo in un luogo del genere poneva tuttavia alcune problematiche, prima di tutto quella ambientale. Quindi da subito abbiamo concordato che l’iter dovesse essere quello stabilito dalle leggi vigenti sia a livello comunale che del Parco Nazionale Gran Sasso Monti della Laga. L’ASD RGS ha quindi fatto propria l’idea, finanziandola. Dopo esser stato redatto, il progetto ha seguito il regolare iter prima attraverso il Comune di Pietracamela e successivamente per il parere del Parco circa il disturbo che l’attività di arrampicata potesse arrecare alla fauna e flora presente. In quest’ultima fase un lavoro estremamente importante è stato svolto dal dott. Guido Morini (storico socio di RGS!!) che con passione e professionalità unica ha redatto lo studio di impatto ambientale, che tecnicamente si chiama “VINCA”. Ad un anno circa dalla presentazione dei documenti,  finalmente tutti i permessi sono stati rilasciati..siamo all’estate ormai agli sgoccioli, quella del 2021. 

Anche la fase operativa non è stata delle più banali, non fosse altro che non abbiamo potuto usufruire della cabinovia che da Prati di Tivo conduce alla “Madonnina”. Per dare alcuni numeri, solo il materiale d’armo pesava più di 30 kg., per non parlare di tutto il resto necessario ai lavori. 

Grazie al contributo sia di alcuni soci di RGS che di Simone “Zeta” Saccomandi, Leonardo, Antonio Patullo, abbiamo trasportato in quota tutto il necessario. I lavori sono potuti così iniziare, negli ultimi dieci giorni di agosto. Le giornate si sono svolte in maniera abbastanza intensa con lunghe permanenze in parete; in questo sono stato affiancato da Simone ed Antonio “Sacchetto” con cui ho condiviso la tracciatura e realizzazione di un po’ tutti gli itinerari. A supportarci energeticamente e moralmente ci ha pensato tutto lo staff del Rifugio Franchetti a cui ci siamo rivolti ogni qual volta cali glicemici o di idratazione (i famosi sali minerali..) si prospettavano all’orizzonte!

L’ultima “fatica” è stata il trasporto della bacheca descrittiva da valle fino al sentiero di accesso alla falesia: il merito va al solito gruppetto di RGS capitanati dal “Pres”. Per una giornata hanno indossato i panni di sherpa o muli (fate voi) terminando la missione con successo!  

Il sito di arrampicata attualmente conta 3 vie a più tiri (sviluppo 70m ciascuna) e 6 vie monotiro dai 20 ai 24m; le difficoltà sono contenute, 5c+ e 5a rispettivamente per le due tipologie. La chiodatura è ravvicinata a fittoni resinati inox della Vertical Evolution (con una particolare finitura mimetica per ridurre l’impatto visivo), le soste sono tutte con due punti collegati da catena (tranne sulla S1 di Bandiera Bianca). 

Il progetto si aggiunge al progetto Trad Climbing Flames (arrampicata trad alle Fiamme di Pietra) del 2019 e quello di ristrutturazione dei Diedri Lucchesi del 2020

La speranza è quella di aver dato un’opportunità di divertimento, crescita e lavoro a chiunque volesse coglierla.

I miei ringraziamenti personali:

ASD Respira Il Gran Sasso

Rifugio Franchetti (tutto lo staff)

Ente Parco Nazionale Gran Sasso – Monti della Laga

Comune di Pietracamela

Simone “Zeta” Saccomandi, Antonio “Sacchetto” Patullo, Guido Morini, Maura Bonaduce

Antonacci srl Campobasso per il supporto tecnico

Chi mi affianca tutti i giorni: Climbing TechnologyCampo Base Outdoor RomaGarmont

 

Riccardo Quaranta – Guida Alpina del Collegio Abruzzo

SCHEDA TECNICA e RELAZIONE VIE

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